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Sovranità alimentare: cos’è e cosa significa la nuova denominazione del Ministero dell’Agricoltura

La nascita del nuovo ministero dell'Agricoltura e della Sovranità alimentare ha sollevato molte curiosità e altrettanti interrogativi. Ma cosa è davvero la sovranità alimentare e dove affonda le sue radici? [...]
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La prima voce chiara, dopo la ridda di commenti relativi alla ridenominazione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali in Ministero dell’Agricoltura e della Sovranità Alimentare, è arrivata da Barbara Nappini, presidente di Slow Food Italia che, in una nota ufficiale, cerca di spazzare via ogni dubbio.

Sovranità alimentare non significa autarchia

Scegliere la definizione di Sovranità Alimentare non significa parlare di autarchia o di una qualche forma di nazionalismo applicata alle politiche agricole e alimentari. Parlare di sovranità alimentare significa garantire il “diritto dei popoli a determinare le proprie politiche alimentari senza costrizioni esterne legate a interessi privati e specifici. È un concetto ampio e complesso che sancisce l’importanza della connessione tra territori, comunità e cibo, e pone la questione dell’uso delle risorse in un’ottica di bene comune, in antitesi a un utilizzo scellerato per il profitto di alcuni”.

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Nelle stesse ore in cui veniva rilasciata questa nota, anche Carlo Petrini, che di Slow Food è il fondatore, dalle colonne del Corriere della Sera arriva a dichiarare: [La sovranità alimentare ndr] “È la stella polare per affrontare la rigenerazione dell’agricoltura nel mondo. È un concetto per cui si battono da anni tanti movimenti, compreso Slow Food”. Nella stessa intervista, Carlo Petrini sottolinea come la sovranità alimentare valorizzi i prodotti del territorio e la biodiversità, dando autonomia e un riconoscimento agli agricoltori e, come evidenzia Barbara Nappini “supportando e promuovendo in tutto il mondo i sistemi locali del cibo, fortemente legati ai territori, basati sulle connessioni, sulle comunità, in grado di combattere lo spreco alimentare, di valorizzare la produzione di piccola e media scala e di proteggere la biodiversità. Sistemi di produzione a bassi input esterni e ad alto tasso di competenze, creatività e buone pratiche”.

Una storia lunga oltre 25 anni

Giova dunque in queste ore ripercorrere la storia che ha portato alla formalizzazione di un’idea di Sovranità Alimentare.
Un’idea che il nostro Governo non dovrebbe (come molti sottolineano) aver mutuato da quello francese, che nei mesi scorsi ha aperto la strada ribattezzando il proprio ministero “Ministère de l’Agriculture et de la Souveraineté alimentaire”, bensì da un percorso in atto da oltre 25 anni. Si parte infatti nel 1996, quando le associazioni internazionali di agricoltori, riunite nel movimento Via Campesina, coniano il termine che con il tempo viene adottato da organizzazioni di ampissimo respiro, dalla FAO alle Nazioni Unite alla Banca Mondiale.

Sovranità alimentare: la Dichiarazione di Nyéléni

La formalizzazione del concetto di sovranità alimentare avviene poi quasi dieci anni dopo, nel 2007, con la “Dichiarazione di Nyéléni” che di fatto ne ha fornito una definizione adottata da 80 paesi e successivamente perfezionata dagli stessi, che negli ultimi due anni hanno cominciato a integrarla nelle loro costituzioni e legislazioni.

Il passaggio fondamentale della “Dichiarazione” del 2007 si riassume in queste parole:
“La sovranità alimentare è il diritto dei popoli ad alimenti nutritivi e culturalmente adeguati, accessibili, prodotti in forma sostenibile ed ecologica, ed anche il diritto di poter decidere il proprio sistema alimentare e produttivo. Questo pone coloro che producono, distribuiscono e consumano alimenti nel cuore dei sistemi e delle politiche alimentari e al di sopra delle esigenze dei mercati e delle imprese. Essa difende gli interessi e l’integrazione delle generazioni future. Ci offre una strategia per resistere e smantellare il commercio neoliberale e il regime alimentare attuale. Essa offre degli orientamenti affinché i sistemi alimentari, agricoli, pastorali e della pesca siano gestiti dai produttori locali. La sovranità alimentare dà priorità all’economia e ai mercati locali e nazionali, privilegia l’agricoltura familiare, la pesca e l’allevamento tradizionali, così come la produzione, la distribuzione e il consumo di alimenti basati sulla sostenibilità ambientale, sociale ed economica. La sovranità alimentare promuove un commercio trasparente che possa garantire un reddito dignitoso per tutti i popoli e il diritto per i consumatori di controllare la propria alimentazione e nutrizione. Essa garantisce che i diritti di accesso e gestione delle nostre terre, dei nostri territori, della nostra acqua, delle nostre sementi, del nostro bestiame e della biodiversità, siano in mano a chi produce gli alimenti. La sovranità alimentare implica nuove relazioni sociali libere da oppressioni e disuguaglianze fra uomini e donne, popoli, razze, classi sociali e generazioni”.

Gli obiettivi della Sovranità alimentare

Ma è la FAO che ne spiega l’effettiva accezione in modo molto chiaro: “La sovranità alimentare è quindi un sistema più olistico della sicurezza alimentare. Riconosce che il controllo sul sistema alimentare deve rimanere nelle mani degli agricoltori, per i quali l’agricoltura è sia uno stile di vita che un mezzo per produrre cibo”. In sintesi estrema, le politiche agricole e alimentari non devono avere come priorità la massimizzazione del profitto economico, bensì la capacità di soddisfare le esigenze alimentari delle persone attraverso una produzione sostenibile e rispettosa del lavoro, attraverso la riduzione della distanza tra fornitori e consumatori e la riduzione dello spreco.

Molto precisa su questo punto è anche ManiTese che così scrive: “La sovranità alimentare dei popoli è minata dalla impressionante concentrazione di potere nelle mani di poche imprese multinazionali di settore che controllano il mercato delle sementi, dei fertilizzanti, dei pesticidi ma anche della trasformazione e della grande distribuzione organizzata”. Per questo si punta a sostenere la sovranità alimentare e l’agroecologia, ovvero “un approccio di ricerca scientifica di natura olistica che valorizza il sapere dei piccoli produttori; una serie di principi e di pratiche che migliorano la resilienza e sostenibilità dei sistemi alimentari preservando al tempo stesso la coesione sociale; un movimento sociopolitico, che chiede la traduzione di questi principi in politiche pubbliche locali, nazionali e globali e la piena partecipazione della società civile nella loro attuazione”.

Naturalmente, in questo momento non siamo in grado di dire se le linee di indirizzo del nuovo Ministero abbracceranno in toto questa visione: l’aspettativa è che la scelta delle parole corrisponda agli intenti.

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