RICERCHE

Italiani e Agrifood: è il digitale che guida i comportamenti sostenibili

Il Rapporto 2022 sulla Sostenibilità Digitale nell’Agroalimentare nella percezione e nei comportamenti degli italiani. I risultati della ricerca sviluppata all’interno dell'Osservatorio della Fondazione per la Sostenibilità Digitale suggeriscono che laddove gli italiani hanno una maggiore competenza su sostenibilità e digitalizzazione, vi è anche una maggiore consapevolezza della complessità del tema e la voglia di capirne di più [...]
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Con più di 1.300.000 addetti e più del 10% di incidenza sul PIL, l’agroalimentare resta uno dei settori più importanti per l’economia del Paese. È per questo motivo che, oggi, risulta fondamentale comprendere quali siano gli impatti della trasformazione digitale in atto sulle dinamiche di questo settore, e come questa possa fornire un contributo concreto nella direzione della sostenibilità; così come è centrale capire quale sia la percezione dei cittadini italiani rispetto al ricorso agli strumenti digitali che, in quest’ambito, gli consentirebbero di approcciare in maniera diretta al tema della sostenibilità digitale nell’agrifood.

È qui che si inserisce il “Rapporto 2022 sulla Sostenibilità Digitale nell’Agroalimentare”, il primo report sviluppato all’interno del neonato Osservatorio della Fondazione per la Sostenibilità Digitale per l’ambiente, l’economia e la società che parte dal presupposto che, in generale, ci si interroghi troppo poco su quanto le persone effettivamente interiorizzino i cambiamenti in atto, e quanto riescano invece a “digerirli” e a farli propri.  

Basata su una indagine condotta con un mix di modalità cati/cawi/cami, la ricerca è stata realizzata dall’Istituto Piepoli per la Fondazione per la Sostenibilità Digitale e sviluppata su un campione rappresentativo della popolazione italiana di 3.600 persone. Lo scopo era analizzare la percezione e l’utilizzo delle tecnologie digitali applicate al settore dell’agroalimentare, in particolare: l’esperienza dell’utente e l’impatto del digitale sulle dinamiche e sui risultati economici del settore. I risultati suggeriscono che laddove gli italiani hanno una maggiore competenza su sostenibilità e digitalizzazione, vi è anche una maggiore consapevolezza della complessità del tema e la voglia di capirne di più. 

I vantaggi dell’incontro tra sostenibilità e digitale nell’Agrifood

Stefano Epifani, Presidente per la Fondazione per la Sostenibilità Digitale

“La Fondazione per la Sostenibilità Digitale è la prima Fondazione di ricerca riconosciuta in Italia dedicata ad approfondire i temi della sostenibilità digitale nei suoi impatti ambientali, economici e sociali. Abbiamo deciso di focalizzarci sull’analisi della sostenibilità digitale nell’agrifood poiché questo è il settore che potrebbe trarre più vantaggi dall’incontro tra sostenibilità e digitalizzazione, nonostante sia quello che ha più difficoltà” afferma Stefano Epifani, Presidente per la Fondazione per la Sostenibilità Digitale. 

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Le filiere dell’Agrifood, infatti, sono costituite da molteplici attori eterogenei che potrebbero trovare nella tecnologia un grande alleato: ad esempio, nella comunicazione con il cliente, per raccontare il prodotto, garantirne la provenienza, spiegarne le caratteristiche e molto altro ancora. In altri termini, la trasformazione digitale ha il potenziale per rivoluzionare completamente il settore: prima ridefinisce i modelli di intermediazione, spesso peraltro abbattendone i costi, ma soprattutto aumentando la capacità di contatto tra i punti estremi della filiera, produttori e consumatori. Sempre di più i produttori si metteranno a disposizione dell’ecosistema digitale, e sempre più l’ecosistema digitale e dei consumatori accederà direttamente alle informazioni dei produttori. Tutto ciò che sarà informazione di filiera, in questo senso, dovrà essere inserita all’interno degli strumenti che saranno sempre più largamente disponibili. 

 

Il Digital Sustainability Index (DiSI) 

Il rapporto è basato sul Digital Sustainability Index (DiSI): l’indice multidimensionale sviluppato dalla Fondazione che indica il livello di consapevolezza da parte degli italiani nell’uso delle tecnologie digitali quali strumenti di sostenibilità. 

Nella sua declinazione, il DiSI prende in considerazione quattro diversi profili dei cittadini italiani, che hanno offerto alcuni spunti interessanti per comprendere in maniera più approfondita i dati relativi al comparto dell’Agrifood: 

  • Sostenibili Digitali (26% degli italiani): coloro che hanno atteggiamenti e comportamenti sostenibili ed usano gli strumenti digitali; 
  • Sostenibili Analogici (18%): coloro che hanno atteggiamenti e comportamenti sostenibili, ma non usano gli strumenti digitali; 
  • Insostenibili Digitali (25%): coloro che hanno atteggiamenti e comportamenti non orientati alla sostenibilità, ma usano gli strumenti digitali; 
  • Insostenibili Analogici (31%): coloro che hanno atteggiamenti e comportamenti non orientati alla sostenibilità, e non usano strumenti digitali. 

Il DiSI, nei suoi risultati di sintesi e nell’analisi dei componenti di dettaglio, è uno strumento utile alle Amministrazioni ed alle organizzazioni per comprendere su quali leve agire per supportare i cittadini nel percorso di comprensione del ruolo della sostenibilità digitale e dei suoi vantaggi. Esso consente infatti di capire se si debba agire sulla consapevolezza digitale e sulla leva della conoscenza delle tecnologie, se si debba invece operare per promuovere i principi culturali della sostenibilità o stimolare comportamenti sostenibili, oppure se sia necessario far capire meglio come e perché utilizzare la tecnologia specificatamente come leva per lo sviluppo sostenibile. 

Ma veniamo ai dati. 

 

Gli italiani credono alla trasformazione digitale per la sostenibilità nel settore? 

Quasi un quarto della popolazione – il 23% dei cittadini – ritiene che le tecnologie digitali applicate al settore dell’agroalimentare non migliorino né l’esperienza dell’utente né l’economia della filiera: un dato preoccupante, se si considera il grande contributo potenziale che il digitale può offrire proprio in questo settore. Concezione che, però, sembra risentire del livello di sostenibilità e di competenze digitali dichiarate, poiché la percentuale scende al 15% se si guarda ai sostenibili digitali.  

Rispetto alla sostenibilità, anche in relazione all’operato delle imprese, dai dati emerge che: il 50% degli italiani ritiene che sia semplice capire se un’azienda è sostenibile; il 52% pensa che lo sia trovare informazioni riguardanti la sostenibilità di dati prodotti. Inoltre, il 91% ritiene sia importante aumentare il proprio livello di informazione in merito.  

Tuttavia, è interessante notare come il dato vari in funzione dei diversi cluster del DiSI: se a ritenere che sia facile capire la sostenibilità di un’azienda è il 59% dei Sostenibili Digitali, la percentuale scende al 41% per gli Insostenibili Analogici. In più, paradossalmente, sono proprio i Sostenibili Digitali – gli utenti più “competenti” – a dichiarare per la quasi totalità (96%) che aumentare il proprio livello di informazione sia importante; per gli Insostenibili Analogici, questa percentuale scende all’88%.  

Inoltre, ancora un terzo dei cittadini italiani non conosce strumenti digitali che consentirebbero di ottenere informazioni sui prodotti che consumano (RFiD, QRCode), ed il 41% pur conoscendone l’esistenza non ne fa uso. Anche qui, fatta eccezione per i Sostenibili Digitali che per circa un terzo usano questi strumenti, l’uso per il resto dei cittadini è residuale, ed anche in questo caso incide il livello di digitalizzazione. 

“Insomma – commenta Stefano Epifani – dai dati emerge come la competenza su sostenibilità e digitalizzazione produce come risultato un aumento della consapevolezza della complessità del tema, e la conseguente voglia di capirne di più”. 

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E per le app? C’è ancora molto da fare 

Quanto alle molteplici app utilizzabili in questo ambito, è la digitalizzazione – e non la sostenibilità – l’elemento in grado di condizionare i comportamenti, e quindi l’utilizzo che i cittadini italiani fanno di questi strumenti. Ciò appare evidente guardando ai dati sull’utilizzo delle app per la prenotazione di ristoranti: rispetto alla percentuale complessiva di utenti che fa uso di questi strumenti (55%), mentre sono identiche le percentuali da parte di Sostenibili ed Insostenibili Analogici (40%), salgono al 69% per gli Insostenibili Digitali ed al 71% per i Sostenibili Digitali. Situazione analoga si ritrova nei dati riguardanti l’utilizzo futuro previsto di questi strumenti: a fronte di poco più di un terzo della popolazione che ritiene che in futuro li userà di più, la percentuale sale al 40% per i Sostenibili Digitali. 

La digitalizzazione, inoltre, è un elemento che incide anche sull’utilizzo di altre tipologie di applicazioni che consentirebbero ai cittadini di intervenire in maniera più concreta sulla sostenibilità. Tuttavia, in questo caso, in misura minore: queste sono nel complesso ancora scarsamente utilizzate. Appare ancora residuale l’utilizzo di applicazioni e di piattaforme di scambio di prodotti in scadenza con i vicini (come MyFoody), con solo il 5% degli intervistati che ne fa un uso regolare (ed un 37% che non ne conosce l’esistenza); anche in questo caso, un peso significativo è ricoperto dalle competenze digitali: mentre la percentuale sale all’11% per i Sostenibili Digitali, non ci sono Sostenibili Analogici a fare un uso regolare di queste soluzioni, con solo l’1% per quanto riguarda gli Insostenibili Analogici. In altre parole, si evidenzia come chi non conosce la tecnologia digitale, e non ne fa uso, perda una grande opportunità di adottare comportamenti più sostenibili. 

Stessa situazione sul lato delle diverse applicazioni a supporto della preparazione ragionata delle liste della spesa (come UBO), usate regolarmente solo dal 4% degli utenti, con un 31% che dichiara di conoscerle ma di non utilizzarle ed un 38% di italiani che non ne conosce invece l’esistenza: dato, quest’ultimo, che si attesta rispettivamente al 49% ed al 44% per Insostenibili e Sostenibili Analogici, ed al 33% e 27% per Insostenibili Sostenibili Digitali. 

 

Il digitale per la tracciabilità e la certificazione di filiera 

Strumenti come i QRCode hanno il potenziale per modificare profondamente il settore dell’agrifood, nonché un grande potenziale dal punto di vista dei consumatori che però deve ancora essere adeguatamente compreso. La comunicazione digitale può abilitare il tracciamento di filiera e oggi possiamo contare su un intero sistema che consente la geolocalizzazione del prodotto stesso e un riconoscimento automatico verso il consumatore: attraverso un QRCode, è possibile ‘andare’ direttamente nell’azienda dove viene realizzato un dato prodotto, tramite gli elementi che quel prodotto lo hanno formato.

Si inserisce, in quest’ambito, anche il tema delle certificazioni, una forma di intermediazione, che non ha come obiettivo il vendere un prodotto, ma quello di fornire al consumatore o all’azienda una sintesi che gli consenta di avere la ragionevole attendibilità che quel prodotto risponde a determinate caratteristiche. Certamente è costosa, ma ha un grande valore aggiunto, perché dà la garanzia che quelle informazioni e quei dati sono state riviste da qualcuno, e sono probabilmente, o quasi sicuramente, più veritiere di altre oggetto di autodichiarazione. Il digitale sta aumentando la capacità delle aziende di fornire dati: questa però deve accompagnarsi ad un’interpretazione degli stessi, perché è soltanto in questo modo che la trasparenza da parte delle imprese può essere valorizzata. 

Il digitale ha – ed avrà – un ruolo quindi centrale nella comunicazione al consumatore. Questo però, come emerso in occasione della presentazione dei risultati della ricerca, deve trovare un punto d’incontro con l’aspetto analogico, che in questo contesto non perderà la propria importanza. Il futuro passa da un’integrazione, dell’esperienza di selezione, acquisto e consumo, che vede in sinergia l’aspetto fisico, quindi il ruolo del reparto, il ruolo dell’assortimento, con il tema di una comunicazione allargata, e dunque amplificata, che permetta al consumatore di rilevare le informazioni che sta cercando. 

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