Italian Sounding food: che cos’è e perché è così importante

L'Italian Sounding è un fenomeno che spopola in tutto il mondo con l’imitazione delle nostre eccellenze enogastronomiche, che del Bel paese hanno solo il vago sentore. Di cosa si tratta, i numeri di mercato e i casi concreti che fanno leva sul digitale per garantire trasparenza e tracciabilità della filiera alimentare. [...]
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Italian Sounding: di cosa si tratta

Con l’accezione inglese “Italian Sounding” si definisce un fenomeno che consiste nell’utilizzo (su etichette e confezioni) di denominazioni, riferimenti geografici, immagini, combinazioni cromatiche e marchi che evocano l’Italia e in particolare, alcuni dei suoi più famosi prodotti tipici (dal parmigiano alla mozzarella), per promuovere la commercializzazione di prodotti (soprattutto ma non esclusivamente agroalimentariinducendo ingannevolmente a credere che siano autentici italiani, quando in realtà di italiano hanno poco o nulla. Per lo più sono prodotti realizzati da aziende che acquistano materie prime di provenienza estera a un costo inferiore e che poi lavorano in Italia, oppure, da aziende italiane rilevate da aziende straniere che sfruttano la nomea legata ad esse per promuovere maggiormente le vendite. Spesso nelle parti descrittive di questi prodotti agro-alimentari, si notano aggettivi con connotazioni geografiche che rimandano a noti luoghi italiani, accompagnate da espressioni quali “genere”, “del tipo”, “stile”, “imitazione di”, “secondo la tradizione”, “secondo la ricetta tipica” e simili.

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Si tratta di un fenomeno diffuso maggiormente negli Stati Uniti, in Canada, in Australia, in America latina e in diversi altri mercati, inclusi quelli europei. Una forma di falso Made in Italy molto affermato in ambito internazionale e soprattutto nel settore agroalimentare, che sfrutta la reputazione e l’attrazione che la buona tavola e il turismo enogastronomico italiani hanno nel mondo per commerciare prodotti che poco hanno a che fare con l’autenticità e la qualità del Made in Italy danneggiando così una parte sempre più consistente dell’economia italiana e delle esportazioni agroalimentari, dall’olio d’oliva ai formaggi, dai salumi ai vini. Ecco che “si perde così quello che è, ancora oggi, un fortissimo segno di identità e distinzione territoriale, ma anche uno dei pochi baluardi in tempi di crisi: le multinazionali trovano ancora estremamente appetibile l’industria agroalimentare italiana, tuttora forte nelle esportazioni, rispetto ad altri settori industriali”. Lo afferma Raffaella Saso in un articolo dal titolo “Le nuove forme di Italian Sounding. Ciò che il cibo non dice. Le responsabilità dei produttori e i diritti dei consumatori” (potete consultare la versione integrale qui)  a cura della Fondazione “Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare” promossa ed istituita da Coldiretti nel febbraio 2014.

Il falso Made in Italy: le ripercussioni negative dell’Italian sounding e come arginarle

Chi perde maggiormente in questo meccanismo sono da un lato i produttori locali, costretti ad abbassare qualità e prezzi, impoverendosi; dall’altro lato, ovviamente, i consumatori, cui arrivano prodotti sempre più di bassa qualità. L’Italian Sounding costituisce una delle principali cause della ridotta incidenza dell’export italiano sul fatturato (poco meno del 20% per l’Italia, contro una media europea del 22% e contro il 26% di Francia e il 28% di Germania), perché consente ad alcune aziende locali di avere un vantaggio competitivo che non meritano, producendo a prezzi più bassi ma collocando il prodotto su fasce superiori di prezzo grazie al richiamo all’italianità.

Paradossalmente, questa logica commerciale sta sempre più prendendo piede proprio in un periodo in cui molti italiani sembrano aver preso finalmente coscienza del valore legato al marchio del Made in Italy e tendono, conseguentemente, a privilegiare i prodotti legati al territorio e i sapori locali. Sul piano delle esigenze del consumatore, al primo posto c’è la sicurezza, seguita da salute e benessere, valore esperienziale e praticità. Se però anche dietro i marchi più noti della produzione nazionale, percepiti come garanzia di qualità elevata e di sicurezza alimentare, si celano alimenti di origine ormai interamente straniera e detto senza mezzi termini, talvolta anche “scadenti”, il consumatore non può non sentirsi tradito, quando non ingannato, pur in assenza di reato.

Nella dinamica che si sta così affermando, gli alimenti falsi e di bassa qualità non sono soltanto quelli prodotti all’estero, ma anche quelli provenienti dalle aziende italiane che non riescono a stare al passo dell’enorme richiesta di prodotti italiani. In una cultura dominata della falsificazione, la volontà di investire davvero nel Made in Italy e tutelarlo rimane minoritaria. Tuttavia, grazie al potenziale dell’innovazione e del digitale, emergono sempre più casi di aziende appartenenti al mondo Food&Beverage che si stanno affidando a tecnologie di tagging come RFID ed NFC, ma anche tecnologie all’avanguardia quali Internet of Things, Intelligenza Artificiale e Blockchain per sconfiggere le logiche di contraffazione e garantire la trasparenza della filiera alimentare. Ecco che ne giovano le imprese e i consumatori che possono finalmente certificare il percorso di produzione alimentare e mettere in tavola prodotti autentici italiani.

 

Contraffazione e Italian Sounding: le origini

Come si legge in una nota di FederAlimentare (La posizione dell’Industria Alimentare Italiana rispetto
alla contraffazione ed al fenomeno dell’Italian Sounding), la contraffazione propriamente detta riguarda illeciti relativi alla violazione del marchio registrato, delle denominazioni di origine (DOP, DOC, DOCG, IGP, ecc.), del logo, del design, del copyright, fino ad arrivare alla contraffazione del prodotto stesso, con implicazioni di carattere produttivo e igienico sanitario, talvolta molto gravi. Tra le cause principali si rilevano la falsa indicazione del Made in Italy (per prodotti realizzati all’estero), l’abuso di indicazioni di marchi di qualità; l’uso di ingredienti nocivi per la salute ovvero la pratica di procedure di produzione e/o conservazione non idonee (assenza di tracciabilità).

Se la contraffazione può essere legalmente impugnabile e sanzionabile, la stessa cosa non vale per i prodotti cosiddetti di Italian Sounding che si servono di denominazioni geografiche, immagini, colori e marchi che richiamano all’Italia, inducendo il consumatore ad associare erroneamente l’imitazione al prodotto autentico italiano. Per citare alcuni esempi: Parmesan, che imita il Parmigiano Reggiano, Mozarella, che viene spacciata per mozzarella di bufala, Salsa Pomarola, venduta in argentina, Zottarella prodotta in Germania, e Spagheroni olandesi.

L’Italian Sounding spesso si avvale dell’esperienza e delle conoscenze produttive di emigranti italiani: è infatti maggiormente diffusa proprio nei Paesi che hanno rappresentato le tradizionali mete storiche di emigrazione e dove le comunità italiane sono più radicate. La più comune fattispecie del fenomeno ha riguardato, all’inizio delle emigrazioni, l’impianto di aziende con le stesse produzioni realizzate in Italia da parte degli espatriati nei nuovi paesi; poi, nel corso del tempo, sono stati creati nuovi prodotti con marchi che richiamano nomi italiani. In molti casi, i discendenti di emigrati italiani hanno semplicemente usato (o tuttora usano) il loro cognome italiano come un marchio per i prodotti che, di fatto, non hanno più alcuna relazione con quelli originali.

I numeri di mercato dell’Italian Sounding

Nel mondo, il valore del falso Made in Italy agroalimentare è salito ad oltre 100 miliardi di euro con un aumento record del 70% nel corso dell’ultimo decennio. Un effetto dovuto alla pirateria internazionale che utilizza impropriamente parole, colori, località, immagini, denominazioni e ricette che richiamano all’Italia per alimenti “taroccati” che non hanno nulla a che fare con il sistema produttivo nazionale. Lo rivela Coldiretti in occasione delle nuove norme sull’obbligo di indicare in etichetta l’origine di tutti gli alimenti, approvate con la legge n.12 dell’11 febbraio 2019 sulle semplificazioni in presenza del presidente Ettore Prandini e il Vicepremier e Ministro dello Sviluppo Economico Luigi Di Maio (qui trovate il comunicato stampa completo).

Come spiega il Presidente Prandini, a far esplodere il falso è stata paradossalmente la “fame” di Italia all’estero con la proliferazione di imitazioni low cost, ma anche le guerre commerciali scaturite dalle tensioni politiche, con un vero boom nella produzione locale del cibo Made in Italy taroccato, dal salame Italia alla mozzarella “Casa Italia”, dall’insalata “Buona Italia” alla Robiola, ma anche la mortadella Milano, Parmesan o burrata.  Un’industria del falso sempre più fiorente che ha i suoi centri principali nei paesi avanzati, a partire dall’Australia al Sud america, dal Canada agli Stati Uniti dove una spinta importante è venuta dai dazi punitivi nei confronti dei formaggi e dei salumi italiani che hanno favorito le “brutte copie” locali.

Mai così tanto cibo e vino italiano sono stati consumati sulle tavole mondiali. Il cibo è diventato una leva strategica per la crescita del paese e traino per l’intera economia Made in Italy, con la filiera agroalimentare estesa, dai campi agli scaffali e alla ristorazione, che raggiunge in Italia una cifra di 538 miliardi di euro pari al 25% del PIL ed offre lavoro a 3,8 milioni di occupati. Quasi i due terzi delle esportazioni agroalimentari interessano i Paesi dell’Unione Europea dove il principale partner è la Germania; mentre fuori dai confini comunitari continuano ad essere gli Stati Uniti il mercato di riferimento dell’italian food (qui il bilancio sull’agroalimentare nel 2019). E nonostante il record segnato dalle esportazioni agroalimentari Made in Italy che nel 2018 hanno raggiunto il valore di 41,8 miliardi di euro con un tasso di crescita dell’1,8% e nel 2019 registrato un aumento del 4%oggi più di due prodotti di tipo italiano su tre sono falsi.

Italian sounding: i prodotti più colpiti

Tra le tipologie di prodotti più colpiti ci sono le categorie che più di altre hanno conquistato consenso e quote di mercato a livello internazionale, dai salumi alle conserve, dal vino ai formaggi ma anche extravergine, sughi o pasta. E a differenza di quanto avviene per altri articoli come la moda o la tecnologia, a taroccare il cibo italiano non sono i Paesi poveri, ma soprattutto quelli emergenti o i più ricchi a partire proprio dagli Stati Uniti e dall’Australia. I prodotti italiani più imitati ed esposti nei punti vendita sono, molto spesso, quelli dove non vi è importazione poiché vengono prodotti in loco oppure quelli che, sebbene importati, come nel caso di diverse merceologie o dei prodotti DOP/IGP, sfruttano il non riconoscimento di alcune peculiarità esclusive del prodotto, che ne costituiscono la componente di valore, contribuendo altresì alla diminuzione del valore stesso del prodotto sul mercato.

In testa alla classifica dei prodotti più taroccati secondo la Coldiretti ci sono i formaggi, a partire dal Parmigiano Reggiano e dal Grana Padano, con la produzione delle copie che ha superato quella degli originali, dal parmesao brasiliano al reggianito argentino fino al parmesan diffuso in tutti i continenti. Ma ci sono anche le imitazioni di Provolone, Gorgonzola, Pecorino Romano, Asiago o Fontina. Tra i salumi sono clonati i più prestigiosi, dal Parma al San Daniele, ma anche la mortadella Bologna o il salame cacciatore e gli extravergine di oliva o le conserve come il pomodoro San Marzano che viene prodotto in California e venduto in tutti gli Stati Uniti. Dal Bordolino argentino nella versione bianco e rosso con tanto di bandiera tricolore al Kressecco tedesco, oltre al Barbera bianco prodotto in Romania e al Chianti fatto in California, il Marsala sudamericano e quello statunitense sono invece solo alcuni esempi delle contraffazioni e imitazioni dei nostri vini e liquori più prestigiosi.

Il Decreto legge n.34 a tutela del Made in Italy, cosa cambia nei confronti dell’Italian Sounding

In data 1° maggio 2019 è entrato in vigore il Decreto legge n. 34, approvato dal Governo il 24 aprile 2019 e pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 30 aprile 2019. Tale decreto, recante “Misure urgenti di crescita economica e per la risoluzione di specifiche situazioni di crisi”, si inserisce all’interno di una più ampia strategia politica finalizzata a sbloccare la stagnazione economica attraverso l’introduzione di incentivi, agevolazioni e novità fiscali. In quest’ottica di stimolazione della ripresa economica italiana, è stato conferito grande rilievo alle tematiche della valorizzazione e della tutela del Made in Italy, attraverso una modifica del Codice di Proprietà Industriale italiano. In particolare, i due articoli del capo III del Decreto Crescita introducono importanti novità.

1) La prima novità è prevista all’art. 31 del decreto, il quale introduce con il nuovo art. 11-ter i marchi storici di interesse nazionale, con un apposito registro speciale ex art. 185-bis. In base alla riforma, un marchio è definito “storico” quando è registrato o utilizzato sul mercato da almeno 50 anni ed è inoltre riconducibile alla commercializzazione di prodotti o servizi realizzati in un’impresa produttiva nazionale di eccellenza storicamente collegata al territorio nazionale. Per valorizzare i marchi “simbolo nazionale” nell’ambito della crisi d’impresa, il decreto prevede l’istituzione presso il Ministero dello sviluppo economico, di un Fondo di garanzia cui destinare la somma di 30 milioni di euro per l’anno 2020, grazie al quale il Governo effettua interventi nel capitale di rischio delle imprese.

2) La seconda novità è prevista all’art. 32 del Decreto Crescita, finalizzato ad assicurare la tutela dell’originalità dei prodotti italiani (ivi inclusi quelli agroalimentari) venduti all’estero. In quest’ottica viene prevista per i consorzi nazionali un’agevolazione pari al 50% delle spese sostenute per la tutela legale dei prodotti colpiti dall’Italian Sounding. Con il Decreto Crescita viene introdotta una forma di tutela ad hoc, che va non solo a rafforzare la protezione fornita a livello europeo, ma che assicura anche ai prodotti agroalimentari italiani un posto d’onore nel mercato internazionale.

Frodi alimentari e Italian Sounding

Dall’agricoltura all’allevamento, dalla distribuzione alimentare alla ristorazione, il volume d’affari complessivo annuale delle frodi dal campo alla tavola è salito a 24,5 miliardi di euro. E’ quanto ha affermato il presidente di Coldiretti Ettore Prandini in occasione del convegno organizzato dall’Arma dei Carabinieri sul tema “Salute e Agroalimentare: dalla sicurezza più qualità”. Informazioni più dettagliate si possono reperire direttamente qui.

Di fronte al moltiplicarsi dei casi di illeciti agroalimentari quasi due italiani su tre (65%) hanno paura delle frodi e contraffazioni a tavola perché al danno economico si aggiungono i rischi per la salute. La contraffazione alimentare si fonda sull’inganno e colpisce soprattutto quanti dispongono di una ridotta capacità di spesa a causa della crisi e sono costretti a rivolgersi ad alimenti a basso costo, dietro i quali spesso si nascondono ricette modificate, l’uso di ingredienti di minore qualità o metodi di produzione alternativi sui quali è importante garantire maggiore trasparenza.

Il fenomeno delle agromafie e le normative a difesa della filiera alimentare

Quello che fa la malavita è appropriarsi di vasti comparti dell’agroalimentare e dei guadagni che ne derivano, distruggendo la concorrenza e il libero mercato legale e soffocando l’imprenditoria onesta, ma anche compromettere la qualità e la sicurezza dei prodotti, con l’effetto indiretto di minare profondamente l’immagine dei prodotti italiani e il valore del marchio Made in Italy.  Ma quali sono i mezzi che usa? Coldiretti spiega dettagliatamente come opera la criminalità organizzata. Furti di attrezzature e mezzi agricoli, racket, estorsioni, pizzo anche sotto forma di imposizione di manodopera o di servizi di trasporto o di guardiania alle aziende agricole, danneggiamento delle colture, aggressioni, truffe nei confronti dell’Unione europea e caporalato. Anche il mercato della compravendita di terreni e della commercializzazione degli alimenti viene condizionato tramite lo stabilimento dei prezzi dei raccolti, la gestione di trasporti e smistamento, il controllo di intere catene di supermercati, l’esportazione del vero o falso Made in Italy, la creazione all’estero di centrali di produzione dell’Italian Sounding e lo sviluppo ex novo di reti di smercio al minuto.

Bisogna poi tenere presente che, come sottolinea il presidente della Coldiretti Ettore Prandini “l’innovazione tecnologica e i nuovi sistemi di produzione e distribuzione globali rendono ancora più pericolosa la criminalità nell’agroalimentare che per questo va perseguita anche attraverso un’operazione di riordino degli strumenti esistenti e di adeguamento degli stessi ad un contesto caratterizzato da forme diffuse di criminalità organizzata che alterano la leale concorrenza tra le imprese ed espongono a continui pericoli la salute delle persone”.
A febbraio 2020, al Consiglio dei ministri, è stato approvato il disegno di legge sui reati agroalimentari che fa diretto riferimento al testo di riforma predisposto da Giancarlo Caselli nell’ambito dell’Osservatorio Agromafie promosso dalla Coldiretti.  Nei 14 articoli che compongono il disegno di legge si rafforzano gli strumenti normativi contro illeciti agroalimentari: frodi, contraffazioni e agro-piraterie. L’obiettivo è garantire la massima protezione alla filiera alimentare dal momento della produzione a quello del commercio, sia a tutela del consumatore che delle eccellenze nazionali Made in Italy.

 

Etichette agroalimentari e Italian Sounding

Per contrastare la criminalità nell’agroalimentare, è molto importante l’esistenza di un’informazione corretta sui prodotti alimentari. Con la legge n.12 dell’11 febbraio 2019 sulle semplificazioni, sono state approvate le nuove norme sull’obbligo di indicare in etichetta l’origine di tutti gli alimenti presenti nei prodotti alimentari. Un maggiore rigore a livello nazionale è importante per acquisire maggiore credibilità nei negoziati internazionali e battere il cosiddetto Italian Sounding. Secondo il presidente della Coldiretti va anche tolto in Italia il segreto sui flussi commerciali con l’indicazione delle aziende che importano materie prime dall’estero. Questo perché per tutelare la qualità e la sicurezza del cibo italiano è necessario sapere da dove proviene la materia prima agricola.

Ancora, i Ministri dello sviluppo economico, Stefano Patuanelli e delle Politiche agricole alimentari e forestali, Teresa Bellanova, hanno indirizzato ai Commissari UE una lettera per sostenere l’obbligo di origine su tutti gli alimenti in Europa e per proseguire le sperimentazioni nazionali sull’etichettatura e tracciabilità agroalimentare fino al 2021. Nella lettera si legge che per “ridare slancio all’azione dell’Europa a livello di Green deal e di nuova Politica agricola comune post 2020 è necessario aumentare l’impegno per garantire una vera trasparenza delle informazioni in etichetta anche in considerazione che la piena informazione è un diritto dei cittadini”. Per approfondire potete leggere il servizio su Agrifood.tech Etichette Agroalimentari: l’Italia chiede maggiore trasparenza in Europa  

La tracciabilità a contrasto dell’Italian Sounding

Abbiamo constatato come le principali conseguenze di questo fenomeno possono essere schematizzate in due grandi punti:

  1. da una parte c’è un enorme danno economico per le imprese del Made in Italy agroalimentare italiano;
  2. in secondo luogo e non certo meno importante, ci sono problemi legati alla qualità e alla sicurezza alimentare dei prodotti, che va anche a discapito dei consumatori.

Il contrasto alla concorrenza sleale e la lotta alle frodi alimentari passa inevitabilmente dall’innovazione: occorre sperimentare e creare soluzioni che permettano alle imprese e ai consumatori di seguire, passo passo e con la massima affidabilità, tutto il percorso di produzione alimentare. Una delle forme più efficaci per contrastare queste frodi arriva dalla tracciabilità e da tutte quelle soluzioni che il digitale, grazie a NFC (Near Field Communication) e RFID (Radio Frequency Identification), all’Internet of Things e Blockchain in particolare, mette a disposizione delle filiere agroalimentari italiane.

Tracciabilità e Made in Italy

Per “tracciabilità” si intende la capacità di tracciare un alimento in tutte le fasi del suo ciclo di vita, dalla produzione, alla trasformazione, alla distribuzione, prendendo in considerazione anche i processi di importazione, arrivando alla vendita al dettaglio. Detto in altre parole, tracciabilità significa poter seguire i movimenti di un alimento rispetto a qualsiasi punto della supply chain, riuscendo ad identificare produttori, fornitori, clienti e prodotti e le registrazioni conservate come data della transazione o della consegna, identificazione dei lotti, volume o quantità del prodotto fornito o ricevuto e qualsiasi altra documentazione relativa alla produzione.

La possibilità di identificare tutti i componenti dei prodotti ovvero materie prime, additivi, ingredienti e confezione consente di attuare azioni correttive in modo tempestivo, ad esempio il richiamo di un lotto o di un prodotto, nel momento in cui si verificano problemi. Un efficace sistema di tracciabilità per esempio, aiuta a isolare i prodotti contaminati e impedisce che arrivino ai consumatori finali, minimizzando, al contempo, sia le perturbazioni nel sistema degli scambi, sia i possibili rischi per la salute pubblica.

Tra le tecnologie a supporto della tracciabilità, negli ultimi anni, ai tradizionali sistemi informativi aziendali si sono aggiunti anche RFID ed NFC, per tagging ed etichettatura, IoT e tutti i sistemi di sensoristica, ma anche la Blockchain, per garantire l’immutabilità e la tracciabilità delle transazioni e dei trasferimenti. In questo modo, si concorre a sostenere l’export italiano, fondamentale per la crescita del Paese, lo sviluppo dei territori, l’occupazione e l’inclusione dei giovani nel mondo del lavoro.

 

Case history sui temi della tracciabilità

I casi di contaminazione da cibo, le contraffazioni e le frodi alimentari e le richieste da parte dei consumatori di maggiori informazioni sulla provenienza del cibo, stanno facendo crescere la domanda di soluzioni, di sistema e globali, che sappiano certificare la lavorazione del prodotto trasformato, distribuito e venduto. La sicurezza alimentare passa attraverso piattaforme in grado di garantire trasparenza e tracciabilità su tutta la filiera agroalimentare, e che sappiano dare fiducia al consumatore attento al Made in Italy e alla sostenibilità. Non da ultimo, devono essere nella condizione di permettere di controllare e di identificare frodi ed evitare contraffazioni con maggiore facilità. Un significato speciale, lo ricoprono diversi progetti di aziende che appartengono al mondo Food&Beverage che sperimentano e mettono a valore le possibilità offerte dal digitale. Vediamone alcune di seguito.

Recentemente, il tema della tracciabilità è stato affrontato nel corso di un convegno su Agroalimentare: casi concreti di innovazione IoT, blockchain e AI  in cui si è discusso:

  • dell’intelligenza artificiale al servizio della qualità nel Gruppo Molino Casillo, leader nel commercio e nella trasformazione del grano, che ha introdotto sonde spettroscopiche per analisi in tempo reale e tracciabilità fase per fase delle caratteristiche merceologiche, qualitative, di sicurezza alimentare direttamente sulle linee di processo;
  • del progetto PININ (PIemuNt chèINa) per la tracciabilità delle carni con il case study di La Granda, che con IoT e Blockchain ha costruito una Smart Supply Chain che assicura: una visibilità completa del canale distributivo Ho.re.ca. e un controllo totale dei fattori che possono incidere sulla qualità della carne;
  • del tracking nella declinazione proposta da FoodChain, che ha creato sulla blockchain Quadrans un ecosistema aperto per tracciare e rintracciare materie prime e prodotti alimentari lungo tutta la filiera, rendendo le informazioni accessibili via Web e device mobili a chiunque intenda consultarle;
  • dell’innovazione digitale plug & play e in cloud di TechMass che punta all’ottimizzazione della produttività e della competitività delle imprese promuovendo una manifattura event & data-driven con un sistema di lean production in grado di migliorare la gestione dello shop floor industriale grazie ad un controllo totale su dati e informazioni di fabbrica.

InfoCert (Gruppo Tecnoinvestimenti) e Sixtema hanno messo a punto SmartTag, una soluzione che consente di certificare le informazioni della filiera produttiva, rendendole disponibili al consumatore finale e ai produttori, che possono certificare la qualità dei loro prodotti, le tecniche di lavorazione utilizzate, nonché i luoghi di raccolta e lavorazione delle materie prime. Alla base c’è GeoSign, strumento di firma digitale georeferenziata, attraverso cui è possibile certificare legalmente non solo l’identità di chi effettua una transazione digitale e il momento, ma anche il luogo in cui si compie. Per un approfondimento, consigliamo l’articolo su Agrifood.tech Da Inforcert una nuova soluzione per la tracciabilità della filiera alimentare

Nel settore vitivinicolo, che riveste un ruolo trainante nell’industria agricola italiana e rappresenta il fiore all’occhiello del Made in Italy fornendo il contributo maggiore all’export con un valore di 5,4 miliardi di euro (come si constata in questo articolo su Agrifood.tech DOP, IGP e STG: driver fondamentale dei distretti agroalimentari italiani), un esempio arriva dalla cantina vinicola toscana ColleMassariche si è appoggiata alle soluzioni di tracking Near Field Communication (NFC) Radio Frequency Identification (RfId) di Autentico e RFID Global, per una tracciabilità completa di ogni bottiglia e scatola di vino, dall’imbottigliamento al consumo, con un attento controllo della fase legata alla distribuzione, ma anche un aumento dell’efficienza operativa della cantina con nuovi elementi in termini di brand experience del consumatore. Potete leggere il servizio più completo su Agrifood.tech Anticontraffazione agroalimentare: il caso ColleMassari e il ruolo di Rfid e NFC

L’azienda agricola pugliese BuondiOli ha a sua volòta deciso di tracciare il suo olio extravergine Biologico con My Story, una soluzione basata su tecnologia Blockchain. xFarm ha installato una stazione meteo xSense in un oliveto coltivato 100% Ogliarola Garganica Bio che registra e monitora parametri agro-meteorologici per la gestione intelligente del campo. Le informazioni relative alla trasformazione e all’imbottigliamento vengono inglobate ai dati meteo di xSense e alle attività in campo registrate dall’applicazione gestionale che poi vengono restituite in forma di racconto al consumatore finale tramite la soluzione di digital assurance basata su Blockchain di DNV GL. Potete leggere il servizio pubblicato su Agrifood.tech La certificazione dell’Olio EvO Bio: dai sensori xFarm alla blockchain DNV GL

Il We|LAB Bari, laboratorio di innovazione che fa leva su Cloud, Intelligenza Artificiale e Blockchain per la trasformazione digitale del territorio, insieme a IBM e al Politecnico e Università di Bari, ha visto il disegno di una Blockchain dedicata alla filiera dell’Extravergine di Oliva che ha coinvolto OlivYou, uno dei maggiori e-commerce italiani di olio EVO e alcuni produttori della regione. Questa tecnologia parte dalla tracciatura del “cultivar” e del processo di molinatura, per estendersi agli altri passaggi critici della filiera e arrivare alla certificazione e alle funzionalità di “recall di prodotto”.

 

Immagine fornita da Shutterstock.

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