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Nutri-score o NutrInform? L’Europa si scontra sulle etichette nutrizionali

Prosegue fra le contrapposizioni il percorso dell’Unione europea verso la definizione di uno standard comunitario: da una parte i Paesi che aderiscono a NutriScore, la label “a semaforo” ideata dalla Francia e appoggiata dalla Germania, dall’altra l’Italia, capofila dei numerosi sostenitori a favore di NutrInform, l’indicazione a “batteria”. Una contrapposizione che pare non trovare accordo: per il Belpaese, lo standard franco-tedesco penalizzerebbe infatti la dieta mediterranea e molti prodotti di altissima qualità

Pubblicato il 24 Gen 2022

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Nutri-score vs NutrInform. Ovvero: etichetta “a semaforo” versus etichetta “a batteria”. Si giocano anche sul sistema di etichettatura dei prodotti alimentari le contrapposizioni nazionalistiche fra Stati dell’Unione europea: con Francia e Germania da un parte, Italia dall’altra, la battaglia sulle label nutrizionali che, nell’intenzioni dell’Unione europea in ambito “Farm to Fork Strategy”, dovrebbero pervenire entro fine 2022 a uno standard in grado di armonizzare le singole politiche, prosegue apparentemente senza possibilità di accordo. Una preoccupazione accademica? Tutt’altro. Il tema non è banale, soprattutto per le ricadute economiche sull’export del nostro Paese e su quelle che l’adozione di un sistema piuttosto che un altro potrebbe avere sulla salute dei consumatori.

I  diversi sistemi di classificazione

Ma torniamo alle premesse. In cosa consistono i due sistemi?

La proposta franco-tedesca: Nutri-Score

Nutri-Score è un sistema di etichettatura dei prodotti alimentari sviluppato in Francia con l’obiettivo di semplificare l’identificazione dei valori nutrizionali di un prodotto alimentare attraverso l’utilizzo di due scale correlate: una cromatica divisa in 5 gradazioni dal verde al rosso, ed una alfabetica comprendente le cinque lettere dalla A alla E.

Si tratta di un sistema a punteggio sviluppato da un gruppo di ricercatori universitari francesi denominato EREN (Equipe de Recherche en Epidémiologie Nutritionnelle), guidato dal nutrizionista Serge Hercberg, che si basa sule tabelle nutrizionali della Food Standards Agency del Regno Unito.

Il calcolo del punteggio tiene conto di sette diversi parametri di informazioni nutritive per 100 g di cibo e 100ml di bevande. Un alto contenuto di frutta e verdura, fibre e proteine promuove un punteggio più alto, mentre un alto contenuto di energia, zucchero, acidi grassi saturi e sodio si traduce in un punteggio negativo. La scala nasce dall’idea di semplificare la lettura della tabella nutrizionale classica e permettere una scelta di prodotti più rapida in base alle esigenze del consumatore; secondo il Ministero della Sanità francese, questo sistema dovrebbe permettere un più facile accesso ai cibi confezionati “sani”, contribuire alla “lotta all’aumento delle malattie cardiovascolari, l’obesità ed il diabete”.

Già adottato da Nestlé e Danone, sostenuto dal Beuc, l’organo di riferimento del consumerismo dei Paesi Ue, il Nutri-Score è appoggiato da Francia e Germania, che guidano una coalizione cui aderiscono anche Spagna, Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo.

La proposta italiana: NutrInform Battery

Contro la proposta francese si schiera l’Italia, capofila di una cordata che coinvolge anche Romania, Ungheria, Cipro, Repubblica Ceca e Grecia, e che raccoglie il consenso di una parte importante del mondo produttivo europeo, come testimoniano le posizioni di Copa-Cogeca (rappresentanza degli agricoltori a livello europeo), dell’Eda (industria europea del latte) e dei produttori di alimenti a denominazione d’origine, la quale sostiene che le indicazioni “a semaforo” penalizzino la dieta mediterranea e più in generale quindi i prodotti Made in Italy. Stando alla classificazione sulla quale è costruito Nutri-Score, infatti, Parmigiano Reggiano e olio di oliva extravergine si vedrebbero assegnate votazioni peggiori rispetto a quelle attribuite alla Coca-Cola. Sarebbero dunque discriminati prodotti di altissima qualità.

L’alternativa proposta dal nostro Paese si chiama NutrInform Battery e valuta non i singoli cibi, quanto piuttosto la loro incidenza all’interno della dieta. L’etichetta è pensata come una batteria e reca l’indicazione di tutti i valori relativi ad una singola porzione consumata. All’interno del simbolo vengono indicate quindi le percentuali di energia, grassi, grassi saturi, zuccheri e sale apportati dalle singole porzioni rispetto alla quantità giornaliera raccomandata. In pratica la percentuale di energia o nutrienti contenuti dalla singola porzione sono rappresentati dalla parte carica della batteria, così da quantificarli visivamente. L’obiettivo è quello di contribuire a definire un metodo per combattere le patologie legate a scorrette abitudini alimentari.

1. Tutti i valori espressi sono relativi alla singola porzione. 2. Ogni box contiene l’indicazione quantitativa del contenuto di energia, grassi, grassi saturi, zuccheri e sale della singola porzione. 3. All’interno del simbolo “batteria” è indicata la percentuale di energia, grassi, grassi saturi, zuccheri e sale apportati dalla singola porzione rispetto alla quantità giornaliera di assunzione raccomandata. 4. La parte carica della batteria rappresenta graficamente la percentuale di energia o nutrienti contenuta nella singola porzione, permettendo di quantificarla anche visivamente.

La messa a punto di NutrInform Battery è stata compiuta da una pluralità di attori: filiera agroalimentare, nutrizionisti dell’Istituto Superiore di Sanità e del Consiglio per la Ricerca Economica Alimentare e i ministeri delle Politiche agricole, della Salute e dello Sviluppo economico.

Il motivo che ha spinto l’Italia a presentare una contro-proposta è, come detto, in primis economico: l’adozione di Nutri-Score infatti avrebbe un peso che, secondo stime di Coldiretti, ma soprattutto di Federalimentare, l’associazione che riunisce le aziende del settore, potrebbe arrivare fino al 50% dell’export. Anche se – vale la pena precisarlo – sono esclusi da questa etichettatura i prodotti DOP, IGP e STG perché l’apposizione di ulteriori loghi potrebbe creare confusione, impedendo ai consumatori di riconoscere il marchio di qualità.

Perché una controproposta?

Ma che cosa ha davvero spinto alla nascita della classificazione NutrInform? E quali sono, nello specifico, le critiche mosse allo standard Nutri-Score?

Il 17 settembre 2020 una coalizione di Paesi ha pubblicato un cosiddetto “non-paper” contro il Nutri-score, pur senza menzionarlo direttamente. Il documento afferma infatti che un sistema di etichettatura nutrizionale europeo non deve contenere colori, deve essere basato sulle porzioni e non su 100g e deve rispettare le diete tradizionali. 

Non solo. Nutri-Score è stato criticato da nutrizionisti per aver dato voti alti ai cibi ultra processati. I consumatori possono sostituire cibi ricchi di grassi con cibi apparentemente più sani ma altamente elaborati con un Nutri-score più alto. Inoltre, alcuni Paesi europei sostengono anche che il punteggio discrimina i grassi sani come l’olio d’oliva.

“Il Nutri-Score – ha spiegato Paolo De Castro, coordinatore S&D della commissione Agricoltura al Parlamento europeo e componente effettivo delle commissioni Bilancio e Commercio internazionale – si basa su una generica attribuzione dei colori rosso, arancione e verde ai cibi, a seconda del loro contenuto di elementi come calorie, carboidrati, grassi, proteine, sale. Una descrizione semplicistica il cui vantaggio, se così lo si può definire, si ferma qui, ma che in realtà è fuorviante. Riteniamo infatti che in questo sistema di etichettatura fronte pacco vi sia qualcosa di sbagliato e addirittura pericoloso, perché non aiuta i consumatori a fare scelte più informate e corrette, e quindi a contrastare le malattie legate all’alimentazione, non ultima l’obesità. Il Nutri-Score, a nostro parere, non fornisce alcuna informazione esaustiva e specifica sui nutrienti, basata sulle assunzioni di riferimento del consumatore medio e finisce per condizionare le scelte dei cittadini al momento dell’acquisto con una valutazione generica”.

E’ su questa base che il sistema Italia ha chiesto e ottenuto di adottare su base volontaria la nuova soluzione (la pubblicazione in GU del Decreto 19 novembre 2020 con le norme sul logo nutrizionale facoltativo “NutrInform Battery” in alternativa all’etichetta a semaforo è datato 7 dicembre 2020, ndr), rappresentata graficamente da una batteria che ha l’obiettivo di fornire ai consumatori informazioni nutrizionali chiare per una equilibrata composizione di una dieta giornaliera, basata su un corretto fabbisogno quotidiano di calorie, grassi, zuccheri e sale per singola porzione di cibo.

NutrInform: un sistema poco immediato, ma per l’Italia più valido

Le criticità tuttavia sono evidenti. In primo luogo è un sistema poco immediato rispetto al Nutri-Score, sia per il rifiuto di utilizzare i colori per sottolineare le differenze tra un prodotto e l’altro, sia perché l’etichetta contiene più di una dozzina di numeri da decifrare in un logo che, una volta apposto sulle confezioni, sarà di dimensioni molto ridotte.

Inoltre c’è la questione delle porzioni a cui sono riferiti i valori nutrizionali espressi: non esiste infatti uno standard per le porzioni  imposto alle aziende per l’applicazione del logo, o che sia quantomeno condiviso. Ogni produttore può scegliere liberamente la porzione che vuole per abbassare il livello di riempimento delle batterie. In questo modo, c’è il rischio che sulle etichette compaiano porzioni irrealistiche, difficili da rispettare per il consumatore, che si ritroverà a consumare più zuccheri o grassi di quanto immagina. Ed è proprio per questo motivo che nel Nutri-Score si utilizza lo standard di 100 g (o 100 ml).

Ulteriore problema sono i valori di riferimento utilizzati dalla batteria. La proposta italiana usa i livelli di assunzione giornaliera del Regolamento (UE) 1169/2011, che però, per alcuni nutrienti, non sono in linea con le raccomandazioni dell’Oms e con le linee guida italiane. La batteria prende come riferimento una dieta da 2.000 kcal, con 90 grammi di zuccheri semplici (totali) e 6 grammi di sale. Le linee guida italiane, invece, raccomandano di non superare 75 grammi di zuccheri (pari al 15% dell’energia), sia aggiunti che naturalmente presenti nei cibi, e 5 grammi di sale al giorno. Sugli zuccheri le raccomandazioni dell’Oms sono ancora più restrittive, mettendo il limite a 50 grammi al giorno di zuccheri aggiunti.

Eppure, nonostante le difficoltà, per l’Italia la battaglia va combattuta senza se e senza ma“Non possiamo permettere che alcune multinazionali decidano sulle nostre abitudini alimentari, mettendo la nostra salute nelle loro mani – ha aggiunto De Castro -. E l’Europa non può diventare vittima degli interessi di pochi. Per questo, con una lettera aperta che abbiamo inviato dal Parlamento europeo, sottoscritta da deputati di differenti gruppi politici anche di Romania, Ungheria, Cipro, Repubblica Ceca e Grecia, abbiamo invitato la Commissione Ue a proporre un sistema di etichettatura armonizzato, non discriminatorio e basato su solide basi scientifiche“.

Il “terzo incomodo”

Tra i due litiganti però prende piede anche un terzo incomodo che la Commissione prenderà in considerazione. Si tratta del cosiddetto sistema “a serratura” in vigore nei Paesi scandinavi, che premia il miglior prodotto nelle diverse categorie con un bollino verde. Un’ulteriore opzione che potrebbe creare nuovi ostacoli lungo il percorso verso la definizione di uno standard condiviso. 

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