Analisi

ESG: che cos’è e perché sta influenzando economia, finanza e il mondo agroalimentare

Per il mondo dell’Agroalimentare e per il Food system è fondamentale prestare attenzione ai criteri ESG: Environmental Social Governance. La trasformazione dei sistemi alimentari ispirati a criteri di sostenibilità ambientale, sociale e a una gestione etica delle imprese rappresenta anche una importante occasione di sviluppo

Pubblicato il 25 Ott 2021

ESG Environmental Social Governance

L’acronimo ESG: Environmental, Sustainability, Governance sta diventando sempre più popolare e sta caratterizzando le strategie e la comunicazione di aziende e organizzazioni di tanti e diversi settori. Con ESG si intende rappresentare e soprattutto misurare e certificare la capacità delle aziende di calibrare e gestire il proprio impatto in termini ambientali, sociali e di governance.

Indice degli argomenti

Che cosa significa ESG

ESG sta per Environmental, Social and Governance e indica un vero e proprio rating, spesso conosciuto come rating di sostenibilità che esprime l’impatto ambientale, sociale e di governance di una impresa o di una organizzazione che opera sul mercato.

Il rating ESG rappresenta un indice che permette anche agli investitori di avere una maggiore comprensione della sostenibilità di una impresa e della sua esposizione a rischi collegati a problematiche ambientali, sociali o relative alla governance.

L’ESG estende il concetto di sostenibilità “tradizionale” di una impresa rappresentato dalla sostenibilità economica e dalla capacità di generare nuovo valore per gli investitori, al concetto di sostenibilità verso la società e verso l’ambiente unitamente alla capacità di generare nuovo valore per gli azionisti, per l’ambiente e per la società.

Il rating ESG è costituito da una serie di fattori che permettono di esprimere una valutazione anche in merito al profilo di rischio e di performance di un investimento relazione al livello e alla tipologia di impatto di un’azienda. Il tutto in relazione alla tipologia del mercato in cui opera, alle strategie  e alle iniziative progettuali che la contraddistinguono.

Quali sono i criteri ESG (Environmental, Social, Governance)?

L’acronimo ESG sta per Environmental che rappresenta la responsabilità verso l’ambiente, Social, che guarda alla responsabilità sociale e Governance, che attiene al governo delle aziende e all’etica nei comportamenti. Vediamoli nel dettaglio:

ESG: la E di Environmental

E come Environmental riguarda il rapporto con l’ambiente e comprende iniziative e operazioni mirate a misurare e ridurre l’impatto ambientale delle aziende e a monitorare e limitare i rischi legati ai cambiamenti climatici. La “E” di Environmental copre anche i temi di impatto relativi al rispetto delle biodiversità, della sostenibilità a livello di catena alimentare, di sicurezza agroalimentare, di attenzione alla crescita della popolazione e di capacità di soddisfare i bisogni alimentari e in generale di gestione delle risorse come acqua, terra, aria, vegetazione. La misurazione e la riduzione delle emissioni di CO2 rappresenta uno dei principali temi e parametri di riferimento della categoria E di Environment

ESG: la S di Social

S come Social attiene a tutte le decisioni e le attività aziendali e organizzative che hanno un impatto sociale, come il rispetto dei diritti civili e lavorativi, come l’attenzione alle condizioni di lavoro, la parità di genere, il contrasto a tutte le forme di discriminazione, la capacità di contribuire allo sviluppo del tessuto sociale e al territorio nel quale l’azienda presta la propria opera attraverso iniziative che ne aumentino il benessere e che permettano di migliorare la qualità della vita degli abitanti.

Rientrano in questo ambito anche tematiche come il contrasto all’impiego di lavoro minorile e per le organizzazioni con supply chain complesse significa disporre di un importante controllo su tutti gli attori che compongono le catene di fornitura.

ESG: la G di Governance

G come Governance riguarda le strategie e le scelte decisionali delle aziende e delle organizzazioni in termini di etica retributiva, di rispetto delle regole di meritocrazia, di rispetto dei diritti degli azionisti e di contrasto a qualsiasi forma di corruzione, e di rispetto delle regole nella composizione dei CdA.

La Governance è rappresentativa dell’identità dell’azienda, dell’organizzazione, della strategia, dell’atteggiamento e della determinazione con cui punta ad attuare i principi ESG, ovvero della capacità di definire forme organizzative e azioni concrete che siano a tutti gli effetti nella condizione di attuare nella quotidianità questi principi.

Nel passato tante realtà avevano ben presenti obiettivi legati all’etica, all’inclusione, alla valorizzazione di buone pratiche e attenzione ai temi sociali, ma queste erano lasciate alla “buona volontà” della proprietà e del management, ispiravano sicuramente le strategie e l’azione delle aziende, ma sulla base di un approccio “discrezionale”.

La Governance che alimenta i parametri ESG attiene a modelli organizzativi nei quali questi principi sono parte integrante e sostanziale dei “meccanismi” aziendali. Sono una scelta strategica dotata di mezzi, risorse, obiettivi e strumenti di controllo affinché sia a tutti gli effetti attuata.

I vantaggi dell’ESG per gli investitori

Per gli investitori, l’ESG è importante per una ricca serie di motivi:

  1. Rischio e rendimento: Gli investitori stanno riconoscendo sempre più che i fattori ESG possono influire materialmente sui rischi e i rendimenti. Ad esempio, le aziende con cattive pratiche ambientali possono affrontare rischi finanziari significativi sotto forma di sanzioni o pulizia ambientale. Allo stesso modo, le aziende con cattive pratiche lavorative possono affrontare scioperi, multe e danni alla reputazione.
  2. Stabilità a lungo termine: Le aziende che si impegnano in pratiche ESG tendono ad avere una visione a lungo termine delle loro operazioni, il che può portare a una maggiore stabilità finanziaria.
  3. Responsabilità sociale: Molti investitori vogliono sostenere aziende che si comportano in modo etico e sostenibile. Investire in aziende con forti pratiche ESG è un modo per farlo.
  4. Pressione normativa: In molte giurisdizioni, gli investitori sono ora tenuti per legge a prendere in considerazione i fattori ESG nelle loro decisioni di investimento.
  5. Richiesta dei clienti: Sempre più investitori stanno esprimendo un desiderio di investire in modo sostenibile e responsabile. Gli investitori che possono offrire prodotti ESG sono quindi in grado di soddisfare questa domanda.
  6. Innovazione e competitività: Le aziende che adottano pratiche ESG spesso si trovano all’avanguardia dell’innovazione, il che può portare a nuove opportunità di investimento.
  7. Resilienza in tempo di crisi: Le aziende con forti pratiche ESG hanno dimostrato di essere più resistenti in tempi di crisi economica, il che può aiutare a proteggere gli investitori da perdite significative.
  8. Miglioramento del profilo di credito: Gli investitori che tengono conto dei fattori ESG possono anche beneficiare di un miglioramento del profilo di credito delle aziende in cui investono, poiché queste aziende tendono ad avere una gestione del rischio più efficace.
  9. Immagine pubblica e reputazione: Gli investitori che si concentrano sugli investimenti ESG possono migliorare la propria immagine pubblica e reputazione, attrarre nuovi clienti e mantenere quelli esistenti.
  10. Impatto positivo sul mondo: Infine, investendo in aziende che rispettano le norme ESG, gli investitori possono contribuire a creare un impatto positivo sul mondo, sostenendo le aziende che si impegnano per la sostenibilità ambientale, il benessere sociale e una buona governance.

I vantaggi dell’ESG per i cittadini e per i consumatori

L’ESG è altrettanto importante per i cittadini e i consumatori quanto per gli investitori. Ecco i motivi:

  1. Impatto ambientale: Le pratiche ESG incoraggiano le aziende a ridurre il loro impatto ambientale, contribuendo a proteggere l’ambiente per le generazioni future.
  2. Diritti dei lavoratori e condizioni di lavoro: I criteri ESG promuovono il rispetto dei diritti dei lavoratori e condizioni di lavoro eque. Questo è importante per i cittadini come lavoratori e consumatori di prodotti e servizi.
  3. Sostenibilità a lungo termine: Le pratiche ESG aiutano a garantire che le aziende siano sostenibili a lungo termine, il che può portare a una maggiore stabilità economica e opportunità di lavoro.
  4. Etica aziendale: I cittadini e i consumatori vogliono sostenere aziende che operano in modo etico. I criteri ESG aiutano a garantire che le aziende rispettino standard elevati di comportamento etico.
  5. Salute e sicurezza: Le aziende che adottano pratiche ESG tendono ad avere standard più elevati di salute e sicurezza, il che può avere un impatto positivo sulla salute e il benessere dei cittadini.
  6. Qualità dei prodotti: Le aziende che seguono i principi ESG tendono a produrre beni e servizi di alta qualità, poiché la sostenibilità spesso richiede un’attenzione maggiore ai dettagli e un impegno per l’eccellenza.
  7. Governance aziendale: Un buon governo d’impresa può portare a decisioni aziendali più equilibrate e lungimiranti, il che può beneficiare i consumatori e l’economia nel suo complesso.
  8. Impatto sociale: Le aziende che considerano i fattori ESG tendono a contribuire in modo più positivo alla società, ad esempio attraverso programmi di responsabilità sociale d’impresa o attraverso la produzione di beni e servizi che migliorano la vita delle persone.
  9. Responsabilità: I criteri ESG possono rendere le aziende più responsabili nei confronti dei loro stakeholder, compresi i consumatori, garantendo che le loro operazioni siano trasparenti e che si assumano la responsabilità delle loro azioni.
  10. Scelta del consumatore: Infine, le aziende che adottano pratiche ESG offrono ai consumatori una scelta più ampia. I consumatori che desiderano fare la differenza attraverso le loro decisioni di acquisto possono scegliere di sostenere aziende che si impegnano in pratiche ESG.

L’ESG e il mondo del food: verso un’agricoltura sostenibile

Il settore agricolo è purtroppo oggi responsabile di qualcosa come il 24% del totale delle emissioni di gas serra globali. Le attività  agricole, legate all’allevamento e alle foreste o per altre attività legate all’utilizzo del suolo sono – purtroppo – tra i principali responsabili del cambiamento climatico. In valori assoluti sono in seconda posizione alle spalle delle attività legate alla produzione di energia. Ecco perché è oggi più che mai importante parlare di agricoltura sostenibile.

La definizione di agricoltura sostenibile arriva dall’Agricultural Sustainability Institute e può fare riferimento alla lista stilata dalla FAO dei cinque principi a cui deve ispirarsi un’agricoltura che punta a concretizzare i principi della sostenibilità con le 20 azioni per centrare i 17 SDGs, Sustainable Development Goals, nel mondo agroalimentare. I cinque principi sono

  1. Aumentare la produttività, il lavoro e il valore aggiunto nell’ambito dei sistemi agroalimentari
  2. Proteggere e salvaguardare le risorse naturali
  3. Migliorare e mezzi di sussistenza e sostenere una crescita economica inclusiva
  4. Migliorare la resilienza delle persone, delle comunità e degli ecosistemi
  5. Adattare la governance alle nuove sfide

La doppia sfida dell’agricoltura: alimentare una popolazione in crescita con minori risorse

Il mondo dell’agrifood sta affrontando una difficilissima situazione: da una parte una popolazione in crescita e dall’altra risorse produttive sempre inferiori. Un esempio per tutti è rappresentato dalla curva che mostra la crescita della popolazione in relazione alle curve che invece mostrano la diminuzione progressiva di terreno coltivabile. Un contrasto evidentemente drammatico per poter creare le condizioni per una agricoltura sostenibile sia per l’ambiente sia per la propria capacità di produrre cibo a sufficienza.

Fonte: Our world in data
Fonte: Our world in data

Environmental: le emissioni di gas serra della filiera agroalimentare

Le filiere agroalimentari nel loro complesso sono responsabili di una quantità molto consistente di emissioni di CO2 pari all’equivalente di 17.9 miliardi di metri cubi di carbon dioxide emissions (tCO2e). Una fetta molto importante è costituita dalle emissioni legate alla produzione “sul campo”: ai sistemi di produzione agricola e all’utilizzo del terreno. Si tratta di emissioni che continua a crescere nel tempo e che come mostra il grafico sono passate da 4.442 milioni di tonnellate di CO2 equivalente a 4.795 nel 2020 con la prospettiva di arrivare a 4.917 nel 2025.

Fonte: STATISTA

La sostenibilità della supply chain agroalimentare

Oltre al campo c’è naturalmente tutta la supply chain agroalimentare, vale a dire la trasformazione, il trasporto, la gestione dei prodotti per la vendita e il consumo o in generale il packaging piuttosto che le attività legate al retail stesso e al consumo che pesano nell’insieme per un valore prossimo al 20% delle emissioni totali del Food System complessivo.

Certamente, se si pensa che il terreno, grazie alla Regenerative agricolture, può passare da “problema” (in ragione delle attuali pratiche agricole) a soluzione si può ben intuire quali enormi potenzialità possano esprimere le imprese agricole in futuro. Certamente occorre accelerare il processo di trasformazione, anche digitale, di tutto il settore.

Greenhouse emissions from the global food system, by category – in miliardi di metri cubi di tonnellate di CO2

Le emissioni di gas serra nel Food system attuale

La trasformazione dei sistemi agroalimentari è da tempo al centro dell’attenzione. In occasione del Food system pre-summit delle Nazioni unite si è ampiamento concordato sulla necessità di lavorare per modificare i regimi alimentari che stanno purtroppo insistendo sul consumo di alimenti ad alto impatto ambientale come la carne il cui impatto ambientale è peggiorato da pratiche che hanno portato alla diffusione di allevamenti intensivi basati su grande consumo di risorse.

Addirittura la denuncia che è arrivata dal mondo finanziario attraverso la Fairr Initiative arriva provocatoriamente a invitare a una rapida trasformazione del sistema agroalimentare perché… “Il nuovo carbone? Sono le mucche”: così gli investitori leader chiedono ai governi di ridurre le emissioni agricole. Peraltro anche dall’ultima edizione del Food Sustainability Index, Fixing Food 2021 di Fondazione Barilla ed Economist Intelligence Unit (Eiu) sono arrivati segnali d’allarme e un invito ad accelerare la transizione verso un sistema più sostenibile.

Fonte: Our World in Data

ESG nello specifico del settore agroalimentare

In un mondo in cui le tematiche ambientali, sociali e di governance stanno acquistando una crescente rilevanza, il settore agroalimentare non fa eccezione. Questo comparto, vitale per l’economia e la società, si trova ad affrontare una trasformazione senza precedenti, dovendo coniugare produttività ed efficienza con rispetto dell’ambiente e delle comunità. In questa nuova prospettiva, l’introduzione dei criteri ESG rappresenta un passaggio obbligato ma anche una sfida complessa.

Negli ultimi anni, il settore agroalimentare ha iniziato a diventare sempre più consapevole della necessità di introdurre criteri ESG (Environmental, Social and Governance) nelle proprie strategie aziendali. Questo atteggiamento è dovuto non solo alla crescente attenzione da parte dei consumatori per le tematiche ambientali e sociali, ma anche alla necessità delle aziende di adattarsi a un quadro normativo che sta diventando sempre più vincolante in termini di sostenibilità (a questo riguardo è importante valutare il ruolo della normative CSRD, Corporate Sustainability Reporting Directive e della recente Legge sul Ripristino della Natura n.d.r.)

Il processo di introduzione dei criteri ESG nel settore agroalimentare non è tuttavia privo di sfide. Innanzitutto, le aziende devono fare i conti con la necessità di rivedere i propri modelli produttivi, spesso caratterizzati da un impatto ambientale significativo. La transizione verso pratiche più sostenibili richiede infatti investimenti importanti e una riorganizzazione delle catene del valore, che possono comportare costi elevati e incertezze. Allo stesso tempo, l’introduzione dei criteri ESG richiede un cambiamento culturale all’interno delle organizzazioni. È necessario infatti che i manager siano in grado di comprendere l’importanza della sostenibilità e di tradurla in azioni concrete e misurabili. Questo implica la necessità di formazione e aggiornamento continuo, nonché l’adozione di strumenti adeguati per monitorare e rendicontare i progressi compiuti. Nonostante queste sfide, molte aziende del settore agroalimentare stanno dimostrando come sia possibile coniugare profitto e sostenibilità. Tramite l’adozione di pratiche agricole rispettose dell’ambiente, l’utilizzo responsabile delle risorse naturali, la gestione di pratiche attente all’ambiente come l’agricoltura rigenerativa e la promozione del benessere sociale dei lavoratori e delle comunità locali. Queste imprese stanno dando vita a un nuovo modello economico che mette al centro le persone e il pianeta e che valorizza questi risultati anche in chiave di ESG.

Benefici e sfide dell’implementazione dell’ESG nell’agroalimentare

Implementare i criteri ESG nel settore agroalimentare comporta una serie di benefici tangibili sia per le aziende che per la società nel suo insieme. Tra questi vi sono la riduzione dell’impatto ambientale delle attività produttive, il miglioramento della qualità dei prodotti offerti ai consumatori e la creazione di posti di lavoro dignitosi e inclusivi. Per quanto riguarda l’ambiente, ad esempio, pratiche agricole sostenibili possono contribuire a preservare la biodiversità, ridurre l’emissione dei gas serra e limitare l’inquinamento del suolo e dell’acqua. Inoltre, attraverso l’utilizzo efficiente delle risorse naturali è possibile garantire una maggiore resilienza alle variazioni climatiche.

Dal punto vista sociale invece, le politiche ESG possono favorire il rispetto dei diritti umani lungo tutta la catena del valore: dalla produzione alla distribuzione fino al consumo finale. Questo significa garantire condizioni lavorative dignitose per i dipendenti ma anche per gli agricoltori o pescatori localmente impegnati nella produzione. Tuttavia bisogna tener presente che implementazione dei criteri ESG comporta anche diverse sfide. Alcune sono legate all’elevato costo degli investimenti necessari per passare a modelli produttivi più sostenibili; altre riguardano invece la difficoltà nel misurare in modo oggettivo gli effetti positivi delle politiche ESG o nel comunicarli efficacemente ai consumatori o agli stakeholder.

Nonostante queste difficoltà moltissime imprese hanno intrapreso questo cammino mostrando come sia possibile affrontarlo con successo: grazie ai crescenti strumenti finanziari green disponibili sul mercato è possibile reperire fondi dedicati all’implementazione del modello ESG; attraverso certificazioni ed etichette si può rendere visibile ai consumatori lo sforzo compito; infine tramite report annuali si può comunicare agli stakeholder gli obiettivi raggiunti ed essere trasparenti su quelli ancora da raggiungere.

L’attuazione dei principi ESG nel settore alimentare è di fondamentale importanza per vari motivi, eccone alcuni:

  1. Sostenibilità Ambientale: Il settore alimentare ha un impatto significativo sull’ambiente, dal consumo di acqua alla produzione di rifiuti, all’emissione di gas serra. Implementare pratiche ESG può aiutare a ridurre queste pressioni ambientali.
  2. Sicurezza Alimentare: La governance efficace può contribuire a garantire la sicurezza alimentare, prevenendo problemi come la contaminazione degli alimenti e garantendo l’accesso a cibo sicuro e nutriente.
  3. Diritti dei Lavoratori: Il settore alimentare impiega milioni di persone in tutto il mondo e le pratiche ESG possono aiutare a garantire che i loro diritti siano rispettati, che ricevano un salario equo e che lavorino in condizioni di sicurezza e dignità.
  4. Benessere degli Animali: Per le aziende che lavorano con prodotti animali, l’adozione di pratiche ESG può aiutare a garantire il benessere degli animali, riducendo la sofferenza e garantendo condizioni di vita adeguate.
  5. Economia Circolare: Implementare principi ESG può aiutare le aziende alimentari a passare a un modello di economia circolare, riducendo gli sprechi e riciclando dove possibile.
  6. Resistenza agli Shock: Le aziende alimentari che adottano pratiche ESG possono essere più resistenti agli shock, come le interruzioni della catena di approvvigionamento causate da eventi climatici estremi.
  7. Rispetto delle comunità locali: Le pratiche ESG possono aiutare a garantire che le aziende alimentari rispettino i diritti e le culture delle comunità locali, ad esempio prevenendo l’accaparramento di terre o il sovrasfruttamento delle risorse naturali.
  8. Rispetto per la biodiversità: Le pratiche agricole sostenibili possono aiutare a proteggere la biodiversità, promuovendo pratiche come l’agricoltura biologica e la rotazione delle colture.
  9. Salute dei consumatori: Un’attenzione particolare alle pratiche ESG può portare a prodotti alimentari più sani, con meno prodotti chimici e additivi dannosi.
  10. Reputazione dell’azienda: Infine, l’adozione di pratiche ESG può migliorare la reputazione di un’azienda alimentare, rendendola più attraente per i consumatori e gli investitori che si preoccupano della sostenibilità.

Per quali ragioni è arrivato il momento di occuparsi di ESG

Non è solo una questione di etica e di sensibilità alle tematiche ambientali, ma di sostenere una attenzione generale da parte di consumatori, imprese e Pubbliche Amministrazioni verso lo sviluppo di una economia in grado di ponderare, misurare e gestire il proprio impatto sociale e ambientale.

Non è solo questione di favorire lo sviluppo di aziende che possono trovare un nuovo vantaggio competitivo presso una fetta peraltro crescente di consumatori disposti a premiare scelte coraggiose in termini di investimenti e decisioni a favore dell’ambiente e della società, ma di credere che queste scelte siano a tutti gli effetti il presupposto di una nuova economia che si assume la responsabilità di controllare e misurare le conseguenze delle proprie attività e poter controllare così (e ridurre nel tempo) una serie di rischi e di minacce che rendono meno efficace e più pericoloso il business tradizionale.

Le motivazioni che stanno spingendo le imprese verso strategie ESG

Come sempre la definizione delle scelte strategiche delle imprese è il frutto di una sintesi di una serie di fattori, di obiettivi, di scenari, di consapevolezza dei rischi legati al cambiamento e della visione dell’azienda, in termini di identità e di prospettive.

Le scelte ESG non fanno eccezione anche se in questo caso gli “ingredienti” che stanno alla base di questa decisione sono ancora oggi in larga misura in evoluzione e ancora da comprendere appieno sia nella loro valenza, sia nelle possibilità di implementazione.

Ma è certamente oggi il caso di “metterli in file” anche per constatare che si tratta di un “pacchetto” che nel suo insieme permette di immaginare come l’ESG prefiguri cambiamenti sempre più rilevanti tanto nello “stile di fare impresa” quanto nello “stile di vista” delle persone. In questa prima “lista sono 5 i fattori chiave che caratterizzano la spinta al cambiamento determinata dall’ESG:

  • La cultura ambientale dei consumatori – le scelte dei consumatori premiano in modo sempre più importante i prodotti e i servizi capaci di garantire. di comunicare un impegno in termini di riduzione dell’impatto ambientale.
  • Climate Change – La consapevolezza che è necessario agire per contribuire, in tutti i modi, a ridurre i rischi legati ai cambiamenti climatici è un altro fattore che sta impattando in modo rilevante sulle scelte produttive o distributive delle imprese.
  • Riduzione degli sprechi, gestione delle risorse – Si tratta di un fenomeno che naturalmente sta alla base del punto 4 (che lo segue in questo elenco) e che attiene alla sostenibilità, ma che ha uno specifico valore autonomo e indipendente. La focalizzazione sulla gestione maniacale delle risorse e sulla riduzione maniacale degli sprechi sta diventando (per fortuna) un carattere distintivo delle imprese più illuminate e rappresenta sia un segno di attenzione al futuro del pianeta sia una scelta strategica che porta frutti importantissimi già nel breve periodo.
  • Sostenibilità ambientale ed economica – La capacità di coniugare tutte le principali declinazioni della sostenibilità rappresenta un valore sociale e di mercato, che aumenta il livello di consenso presso i consumatori – clienti e contribuisce ad aumentare l’identità sociale delle imprese.
  • Fiscalità e normativa – si sta prefigurando un percorso normativo e fiscale volto a favorire le imprese che credono e investono per raggiungere risultati legati alla sostenibilità ambientale e alla riduzione degli sprechi. Ai benefici diretti che possono essere colti in termini di sviluppo di prodotti e servizi in sintonia con le nuove esigenze dei consumatori, ai vantaggi in termini di efficienza grazie alla migliore gestione delle risorse si aggiunto i benefici che arrivano e arriveranno da una fiscalità che premia queste scelte e che aggiunge nuovi svantaggi alle imprese che restano ancorate ai vecchi modelli di consumo e di produzione.

Il Manufacturing verso industry 5.0

Carbon Farming: una risposta dell’agrifood al cambiamento climatico

Nell’era della crisi climatica, l’agricoltura si trova a un incrocio cruciale: da un lato, risente pesantemente degli impatti del cambiamento climatico, dall’altro, può svolgere un ruolo chiave nel mitigarlo attraverso pratiche innovative e sostenibili. Una di queste è il Carbon farming una soluzione che sta acquisendo sempre più rilevanza a livello globale.

Cos’è il carbon farming

Il Carbon farming è una pratica agricola sostenibile che si prefigge l’obiettivo di aumentare la quantità di CO2 catturata dai processi biologici naturali e immagazzinarla nel suolo. Questa strategia viene attuata attraverso tecniche di gestione del terreno, delle colture e della vegetazione che incrementano la capacità del suolo stesso di assorbire e trattenere il carbonio. Si tratta di un approccio che combina scienza, ricerca ed innovazione per ridurre l’impronta ecologica dell’uomo sulla Terra. L’importanza del carbon farming risiede nella sua potenziale capacità di contrastare i cambiamenti climatici. Infatti, la terra agricola è uno dei maggiori serbatoi di carbonio del pianeta. Se gestito correttamente, può assorbire più CO2 rispetto a quanto ne emette, contribuendo significativamente alla riduzione dei gas serra nell’atmosfera. Il principio fondamentale del carbon farming è basato sulla fotosintesi: le piante assorbono l’anidride carbonica dall’aria e la utilizzano per crescere, una parte significativa di questo carbonio viene poi trasferita nel suolo attraverso le radici delle piante. Attraverso pratiche specifiche i terreni agricoli possono diventare veri e propri “serbatoi” di anidride carbonica.

I vantaggi del carbon farming

Il vantaggio principale dell’agricoltura del carbonio è la sua capacità intrinseca di agire come soluzione al cambiamento climatico globale. Tramite questa pratica si può infatti determinare una riduzione significativa dell’anidride carbonica nell’atmosfera. Un altro beneficio importante riguarda l’aumento della fertilità dei suoli. Un terreno ricco in materia organica è un terreno sano: migliora la struttura fisica del suolo facilitandone il drenaggio dell’acqua, aumenta la disponibilità degli elementi nutritivi per le piante ed accresce la resistenza alle malattie delle colture. Inoltre, il carbon farming rappresenta un’opportunità economica per gli agricoltori in termini di nuovi mercati legati alla compensazione delle emissioni di CO2: grazie ai cosiddetti “crediti di sequestro del carbonio”, gli agricoltori possono essere retribuiti per le loro pratiche sostenibili. Infine, dal punto vista sociale ed ambientale, questa pratica promuove una maggiore connessione tra uomini e natura ed incoraggia un uso intelligente delle risorse naturali.

Esempi di applicazione del carbon farming

Nel mondo sono diversi gli esempi di carbon farming. In Australia è stata lanciata una nuova politica governativa volta a promuovere questa pratica tra gli agricoltori locali. Il governo ha stanziato oltre diversi milioni dollari australiani da destinare al finanziamento dei progetti volti all’aumento della capacità dei suoli a stoccare il carbone. Anche in Europa sono presenti numerosi progetti; ad esempio nel Regno Unito una associazione  sta lavorando con successo alla promozione dell’agricoltura organica finalizzata al sequestro del carbone nei terreno.

Carbon farming: sfide e prospettive future

Nonostante i benefici offerti dal carbon farming, ci sono anche alcune sfide che dobbiamo affrontare per implementarlo efficacemente. Innanzitutto c’è bisogno di investimenti sia in termini economici sia in termini temporali da parte degli agricoltori. In secondo luogo occorre superare lo scetticismo riguardante queste nuove tecniche. Non tutti gli operatori sono infatti convinti dell’effettiva efficacia delle tecniche proposte o non ritengono economicamente conveniente modificare le loro abitudini. Infine vi è la necessità da parte delle istituzioni pubbliche e private nonché delle associazioni degli agricoltori stessi a livello internazionale ad impegnarsi nella diffusione della conoscenza relativa al carbon farming. Le prospettive future vedono comunque un ruolo sempre più centrale dell’agricultura sostenibile all’interno dei piani globali volti a limitare i cambiamenti climatici.

Il ruolo dell’energia nel percorso di sviluppo ESG

Sulla E di Environmental delle logiche ESG si può ben dire che giochi un ruolo fondamentale anche la E di Energy.

Ovviamente ci sono imprese che sono direttamente interessate in termini di produzione e distribuzione di energia e per queste è evidente che il tema dell’impatto sull’ambiente ha un valore strategico su tutte le scelte che governano le logiche di business.

Ma nella valutazione delle prospettive ESG è importante guardare oggi alle scelte delle aziende e delle organizzazioni che utilizzano energia e che con le loro scelte contribuiscono sia direttamente (per il proprio fabbisogno) che indirettamente (per il supporto e lo sviluppo di tendenze di consumo a livello sociale) a favorire uno scenario favorevole all’ESG.

In questo senso è interessante osservare la classifica del sito americano Renewable Now (leggi QUI il servizio ) relativa all’acquisto di energia rinnovabile nel corso del 2019. Nel ranking del sito si vede che il mondo digital è particolarmente attento all’utilizzo di energie rinnovabili con ben 6 aziende nelle prime 10 posizioni e con il social network Facebook al primo posto.

I dati riguardano l’acquisto di energia per attività commerciali e sono forniti dall’associazione Renewable Energy Buyers Alliance (REBA) che stima in 9,33 GW il volume di energie rinnovabili trattate nel corso del 2019 e prevede di arrivare a 60 GW entro il 2025.

Agrivoltaico: la risposta del mondo agrifood alla transizione energetica

L’agrivoltaico, o agrofotovoltaico, è un approccio che combina la produzione agricola con quella dell’energia solare. Questa soluzione, nata per rispondere alle sfide della sostenibilità e della sicurezza alimentare ed energetica, prevede l’installazione di pannelli fotovoltaici su terreni agricoli, in modo da sfruttare al meglio le risorse disponibili.

I pannelli fotovoltaici, installati ad un’altezza sufficiente da permettere la crescita delle colture al di sotto, producono energia rinnovabile riducendo l’impronta di carbonio. Allo stesso tempo, le colture beneficiano dell’ombra prodotta dai pannelli, che protegge i terreni dall’evaporazione eccessiva e dal surriscaldamento.

L’agrivoltaico non solo consente una doppia produzione su un’unica superficie, ma può contribuire anche a preservare la biodiversità e a migliorare la resilienza dei sistemi agricoli. Alcune ricerche hanno dimostrato inoltre che l’ombra dei pannelli può aumentare la produttività di alcune colture e migliorare la qualità del suolo.

L’agrivoltaico può inoltre creare nuove opportunità economiche per gli agricoltori, che possono beneficiare sia dalla vendita dei prodotti agricoli che dall’energia prodotta.

Finanza sostenibile e agrifood: il contesto attuale

La finanza sostenibile ha assunto un ruolo sempre più rilevante nel panorama economico globale. Si tratta di un modello finanziario che tiene conto dei rischi ambientali, sociali e di governance nelle decisioni di investimento. In questo contesto, il settore agrifood si pone come uno degli ambiti più interessanti per l’applicazione di tale modello. L’agrifood, infatti, è un settore chiave per lo sviluppo sostenibile del pianeta, data la sua diretta correlazione con tematiche quali la sicurezza alimentare, il cambiamento climatico e la gestione delle risorse naturali. Le sfide sono molteplici: dalla necessità di produrre cibo in modo più sostenibile alla gestione delle risorse idriche, dal contrasto agli sprechi alimentari all’adeguamento ai cambiamenti climatici. In questo scenario complesso, la finanza sostenibile può giocare un ruolo fondamentale nel fornire le risorse economiche necessarie a supportare l’innovazione e l’adeguamento del settore alle nuove esigenze ambientali e sociali. Tuttavia, nonostante le potenzialità evidenti, l’applicazione della finanza sostenibile nell’agrifood è ancora in una fase embrionale. Le ragioni sono molteplici: dalla mancanza di consapevolezza sulle opportunità offerte da questo modello alla complessità dei processi di valutazione dei rischi ESG nel settore.

Le opportunità della finanza sostenibile per l’agrifood

Nonostante i limiti attuali, le opportunità offerte dalla finanza sostenibile per il settore agrifood sono estremamente interessanti. Innanzitutto, gli investimenti orientati alla sostenibilità possono favorire l’innovazione tecnologica nel settore: dall’introduzione di pratiche agricole più efficienti dal punto di vista idrico ed energetico allo sviluppo di soluzioni tecno-ecologiche per la gestione dei rifiuti organici. Queste innovazioni possono contribuire a migliorare la resa delle colture e a ridurre l’impatto ambientale dell’attività agricola. Inoltre, la finanza sostenibile può supportare lo sviluppo dell’economia circolare nell’agrifood attraverso il finanziamento di progetti volti al recupero e al riciclo dei rifiuti prodotti lungo la filiera alimentare. Un altro aspetto interessante riguarda la possibilità di utilizzare gli strumenti della finanza verde – come i green bond – per finanziare progetti specifici nel settore agrifood legati ad esempio all’utilizzo delle energie rinnovabili o all’introduzione di pratiche agricole a basso impatto carbonico.

Casi di successo nella finanza sostenibile nell’agrifood

Ciononostante ci sono già diversi casi in cui imprese del settore hanno saputo cogliere le opportunità offerte dalla finanza sostenibile con successo tangibili. Un esempio è rappresentato da Barilla che ha emesso un bond legato alla sostenibilità con l’obiettivo specifico dell’incremento della percentuale delle materie prime provenienti da filiere responsabili e certificate secondo standard internazionalmente riconosciuti.
Altri casi si trovano anche fuori dai confini italiani come quello della multinazionale americana Tyson Foods che ha lanciato un programma interno denominato “Sustainable Finance Framework” che prevede investimenti diretti in tecnologie innovative volte a ridurre drasticamente le emissioni climalteranti e migliorare i diritti umani lungo tutta la catena del valore.

Il futuro della finanza sostenibile nel settore agrifood

Guardando al futuro, il ruolo della finanza sostenibile nel settore agrifood appare destinato a crescere ulteriormente grazie ai trend globali verso una maggiore consapevolezza ambientale e sociale fra investitori ed aziende ma anche consumatori finali sempre più attenti alla provenienza e alla qualità degli alimentari consumati.
Tuttavia affinché questo potenziale si traduca in realtà effettiva è indispensabile lavorare su diversi fronte al contempo: innanzitutto bisogna migliorare i meccanismi regolatori sia nazionalmente che internazionalmente rendendo più trasparente ed efficace tutto il processo legato agli investimenti ESG; poi si dovranno promuovere programmi formativi rivolti sia alle aziende che agli istituti finanziari in modo da aumentarne le capacità operative in ambito ESG; infine sarà fondamentale continuare ad incentivare lo sviluppo tecnologico soprattutto quello legato all’economia circolare permettendo così al sistema agroalimentare italiano non solo d’essere leader qualitativo ma anche etico-sociale.

La finanza sostenibile si rivela un canale fondamentale per le imprese del settore agrifood che intendono orientarsi verso una produzione maggiormente attenta all’ambiente e alla sostenibilità. La sua applicazione ha già dimostrato di poter generare significativi benefici economici e sociali, come evidenziato dai casi di successo esaminati. Tuttavia, è necessario non sottovalutare le sfide future che attendono il settore. L’innovazione tecnologica, la conformità normativa e la crescente consapevolezza dei consumatori rappresentano altrettanti stimoli per una continua evoluzione della finanza sostenibile nell’agrifood. In questo contesto in rapida trasformazione, sarà fondamentale per le imprese riuscire a cogliere le opportunità offerte da queste dinamiche, mantenendo al contempo un rigoroso impegno etico e sociale.

ESG e mondo finanziario in generale, quali sono gli investimenti?

il mondo della finanza è oggi uno degli attori di mercato più attenti alle tematiche Environmental Social Governance. Una attenzione è motivata anche da una lettura molto pragmatica delle prospettive di sviluppo delle aziende e del ruolo che può svolgere in questo senso la finanza stessa. Ha destato grande attenzione qualche anno fa la scelta del fondo di investimento al mondo BlackRock che ha deciso di indirizzare i propri investimenti verso imprese che ispirano strategie e attività a criteri ESG. (Leggi il servizio Blackrock, l’ambiente, le PMI e le prospettive dell’ESG).

Stiamo parlando del più grande gestore privato di fondi al mondo che aveva dichiarato di tenere nella massima considerazione per i propri investimenti le aziende che scelgono di migliorare il rapporto con l’ambiente e di assumere una governance sempre più attenta a tutele e diritti del personale.

Non solo, il fondo, che gestisce risorse per oltre 6.500 miliardi di dollari (ovvero per un valore che è di gran lunga superiore al PIL di diverse economie nazionali) ha anche stilato una sorta di lista di imprese nel mondo che non stanno facendo ad oggi abbastanza per contrastare il climate change ovvero uno dei fattori chiave dell’ESG, ma anche uno dei temi sui quali più si sta concentrando l’attenzione dell’opinione pubblica.

BlackRock non è la sola realtà impegnata su queste scelte. Sono tante le realtà che stanno adottando criteri legati ai parametri ESG per valutare il valore, le potenzialità e i rischi delle imprese, in particolare il tema che più di altri sta contribuendo a far crescere questa attenzione è legato alla convinzione che il rischio legato al clima e al rapporto tra imprese e ambiente rappresenti una componente sempre più importante del rischio di investimento.

ESG come attenzione ai fattori di rischio

Molti osservatori hanno voluto mettere in diretta relazione questa crescita di attenzione degli investitori verso l’ESG come una nuova forma, più evoluta e “proattiva” di Risk management. Il tema, come indicato precedentemente, parte dal presupposto che i rischi legati al cambiamento climatico e i rischi legati ad una “scorretta” gestione del rapporto con l’Environment sono rischi ambientali che impattano in modo sempre più diretto sugli investimenti. In altre parole il rischio clima è parte integrante del rischio legato all’investimento.

La gestione di portafogli in grado di comprendere imprese impegnate sui temi della sostenibilità, dell’impatto ambientale, della lotta al climate change o al contrasto allo spreco di risorse come ad esempio il food waste, può permettere, nel medio e lungo periodo, di garantire un miglior rendimento in relazione a una miglior conoscenza e gestione dei fattori di rischio.

In altre parole, per chi ha prospettive di investimento di lungo periodo è sempre più importante contare sia su aziende in grado di disporre dei mezzi per comprendere questi rischi sia – soprattutto – di aziende con una capacità di azione adeguata per contrastare lo sviluppo e la diffusione di questi stessi rischi, di limitarne l’impatto e di contribuire allo sviluppo di condizioni che permettano di progettare e realizzare una inversione di tendenza rispetto alla situazione attuale.

I rischi e le opportunità di riferimento dell’ESG

Premesso che i rischi legati all’applicazione di progetti e processi ESG sono anche importantissime opportunità, è importante leggere queste prospettive anche sul piano delle possibili minacce.

Il rischio più importante, ovvero quello più noto direttamente collegato ai parametri ESG è rappresentato dalle minacce associate ai cambiamenti climatici, il ClimateChange rappresenta forse anche uno dei fattori che stanno contribuendo alla crescita di attenzione in favore dei parametri ESG.

Attivarsi per contribuire a ridurre l’impatto della “propria” impresa o organizzazione in termini di impatto ambientale è una opportunità che inizia ad essere premiata da investitori e consumatori ma che non è priva di rischi.

Accanto al clima l’ESG deve essere messo in relazione con i rischi collegati ai processi di transizione di imprese e organizzazioni verso nuovi modelli produttivi e organizzativi.

La gestione del cambiamento è certamente un fattore chiave che deve essere preso in assoluta considerazione e che appare determinante per lo sviluppo di qualsiasi progetto che intenda applicare i fattori Environmental, Social, Governance considerando che sono in gioco gli obiettivi delle imprese, gli skill, le risorse che le organizzazioni possono mettere in campo.

Gli altri rischi sono da leggere sul piano reputazionale, i rischi legati alla compliance normativa e ai possibili cambiamenti in corso a livello internazionale, così come i rischi operativi, legati alla implementazione concreta dei progetti e a quelli legati all’impatto sul mercato, ovvero la capacità di valorizzare scelte e investimenti presso i clienti.

Il rapporto tra innovazione digitale ed ESG

Il principio di base dell’ESG è che l’attenzione all’impatto ambientale e sociale sia frutto di un nuovo rapporto tra imprese e ambiente circostante, un rapporto che non prevede o subisce una riduzione dei risultati di business, ma che anzi li reinterpreta e ripensa nell’ottica di benefici che sono sia economici sia di crescita sociale.

Un ruolo fondamentale in questo percorso è svolto dall’innovazione digitale che per certi aspetti è iniziato da tempo e che già vede il digitale contribuire in modo molto concreto nella individuazione e nell’analisi dei fattori di rischio che accompagnano la vita delle imprese, sia in termini di rischi che possono compromettere i risultati delle imprese, sia in termini di rischi legati all’attività delle imprese nei confronti dell’ambiente in tutte le sue declinazioni.

Nell’analisi di questi fattori l’innovazione digitale permette di controllare i parametri ESG e di verificare le correlazioni tra le pratiche volte a ridurre l’impatto ambientale e i risultati di business.

Non solo, il digitale permette di aumentare il livello di consapevolezza e conoscenza nella introduzione di nuovi prodotti o nuovi servizi e di tenere sotto controllo la loro sostenibilità sotto tutti gli aspetti.

Si può dire che l’introduzione e la diffusione di pratiche ESG è in effetti possibile anche grazie alla diffusione e all’utilizzo di tecnologie come l’Internet of Things, i Big Data Analytics, l’Intelligenza Artificiale o come gli strumenti della Space economy che permettono di disporre di dati sempre più precisi relativamente al territorio, all’ambiente, agli effetti dei cambiamenti climatici e alla capacità di prevedere rischi o minacce in modo sempre più preciso. In questo senso un ruolo particolarmente importante è svolto dalle startup e in particolare dalle cleantech.

Il digitale è poi assolutamente fondamentale per tutte le attività legate alla misurabilità dei progetti, degli interventi, delle azioni che hanno lo scopo di trasformare le attività delle aziende.

Ecco in sintesi alcune delle principali tecnologie digitali a supporto di un’agricoltura sostenibile:

  1. Agricoltura di precisione: Questa tecnologia utilizza dati GPS e sensori per ottimizzare l’uso di risorse come acqua, fertilizzanti e pesticidi, riducendo gli sprechi e minimizzando l’impatto ambientale.
  2. Irrigazione intelligente: I sistemi di irrigazione intelligente utilizzano sensori e dati in tempo reale per fornire la giusta quantità di acqua alle colture al momento giusto. Ciò può ridurre l’uso dell’acqua e migliorare la produttività delle colture.
  3. Droni e robotica: I droni possono essere utilizzati per monitorare le colture, rilevare malattie o parassiti e persino per seminare o raccogliere. I robot possono essere utilizzati per compiti come la semina, la potatura e la raccolta, riducendo la necessità di lavoro manuale e aumentando l’efficienza.
  4. Bioingegneria e biotecnologia: Queste tecnologie possono aiutare a creare varietà di colture più resistenti a malattie, parassiti e condizioni climatiche estreme, contribuendo a garantire la sicurezza alimentare in un clima in cambiamento.
  5. Big Data e intelligenza artificiale (AI): L’analisi dei dati può aiutare gli agricoltori a prendere decisioni più informate e precise, mentre l’IA può essere utilizzata per prevedere i rendimenti delle colture, ottimizzare l’uso delle risorse e rilevare problemi come malattie o parassiti.
  6. Agricoltura verticale e idroponica: Queste tecniche possono permettere la coltivazione di cibo in aree urbane o in aree con suolo scarsamente fertile, riducendo la necessità di terreni agricoli e minimizzando l’impatto ambientale.
  7. Blockchain: Questa tecnologia può essere utilizzata per aumentare la trasparenza e la tracciabilità nella catena di approvvigionamento alimentare, aiutando a prevenire pratiche insostenibili o ingiuste.
  8. Energia rinnovabile: L’uso di energia solare o eolica nelle operazioni agricole può ridurre l’uso di combustibili fossili e minimizzare l’impatto ambientale.
  9. Tecnologie di monitoraggio ambientale: Sensori, satelliti e altre tecnologie di monitoraggio ambientale possono aiutare a monitorare l’impatto delle pratiche agricole sull’ambiente e a sviluppare strategie per ridurre questo impatto.
  10. Tecnologie di riduzione degli sprechi: Queste tecnologie possono aiutare a ridurre gli sprechi alimentari, ad esempio attraverso la conservazione, la trasformazione e l’ottimizzazione della catena di approvvigionamento.

Clean e Green Technology al servizio dell’ESG

La sostenibilità è direttamente collegata all’innovazione. Difficilmente si potrenno definire modelli sostenibili senza un ruolo attivo in termini di innovazione e in questo senso il digitale in particolare è chiamato a svolgere un ruolo fondamentale. Le Clean Technology altrimenti conosciute come CleanTech stanno permettendo di definire dei modelli di produzione, dei prodotti, dei processi, ma anche un approccio innovativo ai consumi che permettono di cambiare anche in modo radicale il rapporto con le risorse. Un processo che si salda con quello avviato con le Green technology, vale a dire con l’evoluzione di tecnologie esistenti in chiave di maggiore attenzione ai temi della sostenibilità.

In questo report realizzato da Statista si può vedere come per la domanda di Green technogy si preveda una domanda pronta a crescere più del triplo nel periodo 2023 – 2030. 

Fonte: STATISTA

Il ruolo del carbon footprint dei prodotti per l’ESG

La cosiddetta “Impronta di carbonio” dei prodotti rappresenta uno dei parametri più conosciuti nel determinare il valore delle iniziative e delle azioni delle imprese sia per la componente “E” Environmental sia per la componente “S” Social di ESG.

In particolare, la carbon footprint è una unità di misura che permette di valutare l’intensità delle emissioni di gas serra che possono essere ricondotte a un prodotto o a una serie di attività necessarie per realizzare un servizio.

Si tratta di una misura che si esprime in tonnellate di CO2 equivalente. Grazie a questa metodica è possibile permettere alle persone, ai clienti di un’azienda, a coloro che utilizzano i servizi di una organizzazione di avere una indicazione dell’impatto ambientale delle loro scelte, anche delle scelte più quotidiane.

I gas serra considerati per questa valutazione comprendono l’anidride carbonica (CO2), il metano (CH4), l’ossido nitroso (N2O), gli idrofluorocarburi (HFC), i perfluorocarburi (PFC) e l’esafloruro di zolfo (SF6). Si tratta di gas che, come indicato nel Protocollo di Kyoto, sono considerati responsabili, in quanto componenti del gas serra, dell’impatto ambientale e dei cambiamenti climatici causati dall’uomo.

Il controllo rigoroso e il monitoraggio del Carbon Footprint di prodotti e servizi rappresenta uno strumento che permette di ridurre l’impatto ambientale.

WEF: l’ESG impone un nuovo rapporto con la “materialità”

Premesso che una delle indicazioni che qualificano meglio l’ESG oggi è che i fattori legati all’impatto ambientale e sociale hanno o possono avere un impatto sempre più positivo sul business delle imprese occorre considerare anche come cambia il rapporto tra mondo della produzione, impatto sull’ambiente e rappresentazione di questo impatto in termini di risultati delle imprese.

Un aspetto di questa evoluzione è rappresentato dal concetto di materialità, analizzato da uno studio WEF – BCG dal titolo Embracing the New Age of Materiality – Harnessing the Pace of Change in ESG, accessibile QUI.

Lo studio vuole mostrare che con questo fenomeno ci sono anche le premesse per un nuovo rapporto con tutto ciò che attiene alla “materialità“, ovvero che cambia anche il rapporto con gli “oggetti fisici” e che in particolare la “responsabilità” tra il mondo della produzione e l’ambiente si concretizza proprio nei prodotti, nella capacità di gestire tutto il loro ciclo di vita, ovvero tutte le fasi nelle quali si configura una qualsiasi forma di impatto sull’ambiente e sulle persone.

Il rapporto World Economic Forum realizzato in collaborazione con BCG affronta i temi della
Il rapporto World Economic Forum realizzato in collaborazione con BCG affronta i temi della “materiality” in relazione alle logiche di investimento ESG

Tra i fattori che abilitano lo sviluppo di questa nuova fase troviamo certamente la disponibilità di dati sui prodotti, di dati relativi agli ambienti nei quali sono collocati o nella relazione con altri prodotti.

In particolare, in questo scenario aumenta la domanda di produzione di dati, di condivisione degli stessi e di trasparenza. La rappresentazione digitale dei prodotti “materiali” non è solo legata al dato relativo al design, al progetto, alle caratteristiche fisiche e tecniche, ma alla loro “vita”.

Un tema questo che si concretizza fattivamente in un cambiamento importantissimo e molto rilevante in termini di reportistica da parte delle imprese. Solo per fissare un esempio le emissioni CO2 di un prodotto non possono essere limitate al ciclo di produzione e distribuzione ma devono comprendere anche il suo percorso una volta che esce dall’azienda e la sua relazione con altri prodotti e ambienti.

Il report WEF – BCG permette di capire come concetti e principi per certi aspetti finanziariamente immateriali come quelle legate alle decisioni di investimento hanno un impatto assolutamente “materiale” nel tempo relativamente alla ricaduta concreta in termini ambientali e sociali di quelle scelte. Si procede verso una situazione nella quale la misurabilità di questo impatto è destinato ad influenzare in modo sempre più rilevante il business.

La sfida è adesso quella di creare strategie di investimento sostenibili, di gestire in modo più efficace i rischi e di guardare al valore nel lungo periodo delle imprese considerando tutte le forme di impatto ambientale.

La “materialità” che sta al centro del rapporto WEF ci dice che ci sono già investitori, in “rappresentanza” di portafogli che valgono qualcosa come 118 trilioni di dollari di investimenti che si aspettano dalle aziende dati e informazioni in conformità con la Task Force on Climate-related Financial Disclosures. (La TCFD è una organizzazione nata nel 2015 con la missione di sviluppare e promuovere la raccolta e la condivisione di dati che mettono in relazione i rischi legati al clima e il loro impatto a livello finanziario con l’obiettivo di permettere alle aziende di informare gli investitori delle possibili conseguenze finanziarie legate ai cambiamenti climatici).

Nel report si parla poi del fenomeno della “dynamic materiality” o materialità dinamica con il quale si vuole rappresentare il concetto di relazione ed evoluzione tra beni materiali e immateriali. Ciò che è immateriale oggi può diventare materiale domani o può avere un impatto concreto in termini “materiali” e per gli investitori sarà sempre più necessario governare anche questa dimensione.

Per questo, nel prossimo futuro, le imprese e con loro gli investitori dovranno dotarsi, come sottolinea il report WEF, di uno specifico approccio alla “materialità” e il documento descrive il framework che permette agli investitori di identificare i fattori ESG per capire come considerarli e integrarli nei processi di progettazione, realizzazione e gestione dei prodotti e dei servizi.

Europa: l’ESMA affaccia l’ipotesi di una Ecolabel per i prodotti finanziari

La European Securities and Markets Authority (ESMA) nell’ambito di una consultazione per la Commissione Europea (leggi il servizio Una Ecolabel, in prospettiva, per garantire i parametri ESG a livello EU) ha ipotizzato la realizzazione di una Ecolabel per retail sustainable financial products, una sorta di marchio di qualità in grado di dimostrare il tipo di impatto a livello ecologico dei prodotti finanziari.

ESMA nell’ambito della consultazione ha definito tre priorità:

  1. Il miglioramento a livello di standard condivisi per misurare i sustainable data,
  2. La regolamentazionevigilanza efficaci a livello dell’UE con particolare attenzione ai prodotti finanziari emergenti, come le obbligazioni verdi
  3. Lo sviluppo e sostegno di un forte coordinamento e una forte cooperazione a livello internazionale

Articolo creato da Mauro Bellini l’11 agosto 2020.

Ultimo aggiornamento 11 Agosto 2023 

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