
L’acronimo ESG: Environmental, Sustainability, Governance sta diventando sempre più popolare e sta caratterizzando le strategie e la comunicazione di aziende e organizzazioni di tanti e diversi settori. Con ESG si intende rappresentare e soprattutto misurare (e in futuro certificare) la capacità delle aziende di calibrare e gestire il proprio impatto in termini ambientali, sociali e di governance.
Che cosa significa ESG e perché sta diventando sempre più importante
ESG sta per Environmental, Social and Governance e indica un vero e proprio rating, spesso conosciuto come rating di sostenibilità che si esprime in merito all’impatto ambientale, sociale e di governance di una impresa o una organizzazione che opera sul mercato.
Il rating ESG appare oggi sempre più importante perché rappresenta un indice che permette (anche) agli investitori di avere una maggiore e più profonda comprensione della sostenibilità di una impresa.
Ovvero estende il concetto di sostenibilità “tradizionale” di una impresa rappresentato dalla sostenibilità economica e dalla capacità di generare nuovo valore per gli investitori, al concetto di sostenibilità verso la società e verso l’ambiente e dalla capacità di generare un valore per l’ambiente e per la società. L’impegno verso la sostenibilità nelle imprese e nelle organizzazioni si sta concretizzando nello sviluppo e nella crescita di una specifica figura professionale: il sustainability manager.
Fattivamente, come vedremo più avanti, il rating ESG è costituito da una serie di fattori che permettono di esprimere una valutazione in merito al profilo di rischio e di performance di un investimento in termini di impatto dell’azienda in relazione alla tipologia del mercato in cui opera, alle iniziative e alle strategie che la contraddistinguono.
Il valore delle best practices e la filosofia ESG
Valorizzare le buone pratiche ambientali e sociali, diffonderle e creare motivazioni forti affinché possano essere seguite e adottate dal maggior numero di persone e di imprese.
Non solo, favorire la creazione di un ecosistema di premi e di motivazioni indirette che permettano di rendere vantaggioso acquistare, utilizzare, consumare o servirsi di prodotti e servizi ispirati alle buone pratiche che indirizzano (anche) il miglioramento dell’ambiente e della società.
Ma ancora non basta, occorre aggiungere anche la possibilità di misurare i vantaggi concreti che arrivano alle persone, ai consumatori e alla società nel momento in cui il maggior numero di persone e di imprese assume le proprie decisioni sulla base di questi criteri.
E infine il ruolo, sempre più fondamentale della finanza, che può trovare in questo ecosistema di motivazioni e di buone pratiche a sua volta un vantaggio importante, di fiducia e di crescita sostenibile nel tempo.
Quali sono i criteri ESG (Environmental, Social, Governance)?
L’acronimo ESG sta per Environmental (ovvero l’ambiente), Social (ovvero la responsabilità sociale) e Governance (ovvero la direzione delle aziende). Vediamoli nel dettaglio:
ESG: la E di Environmental
E come Environmental riguarda il rapporto con l’ambiente e comprende iniziative e operazioni mirate a ridurre i rischi legati ai cambiamenti climatici e l’impatto a livello di climate change anche in termini di rispetto delle biodiversità, di decisioni e interventi sulla catena alimentare, di sicurezza agroalimentare, di attenzione alla crescita della popolazione e in generale di gestione delle risorse come acqua, terra, aria, vegetazione. La emissione di CO2 è l’altro grande tema (e parametro) che rientra negli ambiti della categoria E di Environment
ESG: la S di Social
S come Social attiene a tutte le decisioni e le attività aziendali e organizzative che hanno un impatto sociale come il rispetto dei diritti civili e lavorativi, come l’attenzione alle condizioni di lavoro, la parità di genere e il rifiuto di tutte le forme di discriminazione, la capacità di contribuire al tessuto sociale e al territorio nel quale l’azienda presta la sua opera attraverso iniziative che aumentano il benessere e che permettono di migliorare al qualità della vita degli abitanti.
Rientrano in questo ambito anche tematiche come il contrasto all’impiego di lavoro minorile e per le organizzazioni con supply chain complesse il che significa disporre di un vero controllo su tutte le catene di fornitura.
ESG: la G di Governance
G come Governance riguarda le strategie e le scelte decisionali delle aziende e delle organizzazioni in termini di etica retributiva, di rispetto delle regole di meritocrazia, di rispetto dei diritti degli azionisti e di contrasto a qualsiasi forma di corruzione, di regole nella composizione dei CdA.
La Governance è anche rappresentativa dell’identità dell’azienda, dell’organizzazione, della strategia, dell’atteggiamento e della determinazione con cui punta ad attuare i principi ESG, ovvero della capacità di definire e attuare forme organizzative e azioni concrete che siano a tutti gli effetti nella condizione di attuare nella quotidianità questi principi.
Si può dire, in altre parole, che se anche nel passato in tante realtà fossero ben presenti obiettivi legati all’etica, all’inclusione, alla valorizzazione di buone pratiche e di attenzione ai temi sociali queste erano lasciate alla “buona volontà” del management, ispiravano sicuramente le strategie e l’azione delle aziende ma sulla base di un approccio “discrezionale”.
La Governance che alimenta i parametri ESG attiene a modelli organizzativi nei quali questi principi sono parte integrante e sostanziale dei “meccanismi” aziendali. Sono una scelta strategica dotata di mezzi, risorse, obiettivi e strumenti di controllo affinché sia a tutti gli effetti attuata.
L’ESG e il mondo del food: verso un’agricoltura sostenibile
Il settore agricolo è purtroppo oggi responsabile di qualcosa come il 24% del totale delle emissioni di gas serra globali. Le attività agricole, legate all’allevamento e alle foreste o per altre attività legate all’utilizzo del suolo sono – purtroppo – tra i principali responsabili del cambiamento climatico. In valori assoluti sono in seconda posizione alle spalle delle attività legate alla produzione di energia. Ecco perché è oggi più che mai importante parlare di agricoltura sostenibile.
La definizione di agricoltura sostenibile arriva dall’Agricultural Sustainability Institute e può fare riferimento alla lista stilata dalla FAO dei cinque principi a cui deve ispirarsi un’agricoltura ispirata ai principi della sostenibilità con le 20 azioni per centrare i 17 SDGs, sustainable development goals, nel mondo agroalimentare.
Environmental: le emissioni di gas serra della filiera agroalimentare
Le filiere agroalimentari nel loro complesso sono responsabili di una quantità molto consistente di emissioni di CO2 pari all’equivalente di 17.9 miliardi di metri cubi di carbon dioxide emissions (tCO2e). La fetta più grande resta ancora ampiamente rappresentata dalle emissioni legate alla produzione “sul campo”: ai sistemi di produzione agricola e all’utilizzo del terreno che arrivano rispettivamente a 7,1 miliardi di metri cubi di tonnellate di CO2 e a 5,7.
La supply chain agroalimentare, vale a dire la trasformazione, il trasporto, la gestione dei prodotti per la vendita e il consumo o in generale il packaging piuttosto che che il retail stesso e il consumo pesano nell’insieme per un valore prossimo al 20% del Food System complessivo.
Se si pensa che il terreno, grazie alla Regenerative agricolture, può passare da “problema” (in ragione delle attuali pratiche agricole) a soluzione si può ben intuire quali enormi potenzialità possano esprimere le imprese agricole in futuro. Certamente occorre accelerare il processo di trasformazione, anche digitale, di tutto il settore.

Le emissioni di gas serra nel Food system attuale
La trasformazione dei sistemi agroalimentari è da tempo al centro dell’attenzione. In occasione del Food system pre-summit delle Nazioni unite si è ampiamento concordato sulla necessità di lavorare per modificare i regimi alimentari che stanno purtroppo insistendo sul consumo di alimenti ad alto impatto ambientale come la carne il cui impatto ambientale è peggiorato da pratiche che hanno portato alla diffusione di allevamenti intensivi basati su grande consumo di risorse.
Addirittura la denuncia che è arrivata dal mondo finanziario attraverso la Fairr Initiative arriva provocatoriamente a invitare a una rapida trasformazione del sistema agroalimentare perché… “Il nuovo carbone? Sono le mucche”: così gli investitori leader chiedono ai governi di ridurre le emissioni agricole. Peraltro anche dall’ultima edizione del Food Sustainability Index, Fixing Food 2021 di Fondazione Barilla ed Economist Intelligence Unit (Eiu) sono arrivati segnali d’allarme e un invito ad accelerare la transizione verso un sistema più sostenibile.
Il ruolo di un’agricoltura intelligente per il clima: la Climate smart agriculture
I 5 principi per dare vita a un’agricoltura sostenibile e orientata all’ESG
Il punto fondamentale per guardare verso una nuova agricoltura e verso la sostenibilità è nel concetto di modernizzazione basata sulle nuove tecnologie. L’Agricoltura 4.0, prevede la digitalizzazione dei processi, l’Internet of Things, la tracciabilità di filiera, l’utilizzo di AI e Blockchain, la geolocalizzazione e la connettività 5G per attuare su larga scala progetti di agricoltura di precisione.
Una modalità di sviluppo che permette di attuare metodi di coltivazione e di cura delle piante ad hoc a seconda delle caratteristiche dei terreni e delle zone in cui si trovano, consente la ottimizzazione delle risorse, dell’acqua ad esempio, dei fertilizzanti, dell’energia. Una logica che permette di aumentare la qualità e ridurre gli sprechi.
In questo scenario si collocano i cinque principi dell’agricoltura sostenibile:
- Aumentare la produttività cambiando le pratiche e i processi agricoli per garantire i rifornimenti alimentari e la contemporanea riduzione dei consumi di acqua ed energia
- Proteggere le risorse naturali con la conservazione dell’ambiente, evitare il deterioramento dei terreni, limitare il contenimento dell’inquinamento delle fonti idriche, contrastare la distruzione di ecosistemi
- Miglioramento dei mezzi di sussistenza, anche con una maggiore inclusività
- Aumentare la resilienza, delle persone, delle comunità, degli ecosistemi con la trasformazione dei modelli produttivi
- Creare una governance del settore agricolo con una serie di norme che rendano possibile un equilibrio tra pubblico e privato assicurando trasparenza ed equità
Ecco perché l’ESG sta diventando mainstream
L’attenzione ai parametri ESG sta diventando sempre più popolare e come evidenziato da alcuni analisti sta assumendo la fisionomia di un fenomeno mainstream.
Se sino a poco tempo fa l’impatto ambientale e sociale delle imprese produttrici di beni e servizi o il loro impegno sociale era sì importante, ma ispirava solo in modo marginale le scelte dei consumatori, ovvero trovava ascolto presso una fetta limitata di clienti, negli ultimi mesi si è assistito a una crescita in contemporanea della sensibilità dei cittadini e dei consumatori e delle scelte delle imprese in merito ai temi dell’impatto ambientale.
Un atteggiamento e una convinzione che sono nella condizione di incidere sulle scelte di acquisto dei consumatori sia nell’immediato sia, soprattutto, nel futuro.
Peraltro siamo anche davanti a un posizionamento delle imprese sempre più orientato a valorizzare investimenti e scelte pensate per l’ambiente, per l’impegno sociale e per attuare forme di governance aziendale a beneficio dell’ambiente e dei territori.
Un atteggiamento che si riflette, in modo sempre più esplicito ed evidente, nelle attività di comunicazione di queste aziende.
Tutti noi, nella veste di consumatori, abbiamo potuto facilmente osservare come sia cambiata effettivamente la comunicazione di molte aziende.
La qualità, unicità, prezzo di un prodotto passano quasi in secondo piano rispetto alle scelte necessarie per portare sul mercato quel prodotto e al lavoro svolto dall’azienda per ridurre il proprio impatto ambientale o addirittura per portare benefici all’ambiente, ad esempio con una capacità di “riciclo” superiore a quanto viene prodotto e venduto dall’azienda stessa.
Un altro esempio è rappresentato da aziende che hanno ripensato i loro prodotti in modo da garantire un impatto ambientale meno negativo o addirittura positivo: una comunicazione che in modo ancora più esplicito posiziona l’azienda come un attore che sta “contribuendo a questa nuova fase dell’economia”.
ESG e finanza, quali sono gli investimenti?
Forse un po’ a sorpresa il mondo della finanza è oggi uno degli attori di mercato più attenti alle tematiche Environmental Social Governance.
Una sorpresa senza dubbio positiva in quanto questa attenzione è motivata anche da una lettura molto pragmatica delle prospettive di sviluppo delle aziende e del ruolo che può svolgere in questo senso la finanza stessa.
Ha destato grande attenzione la scelta del fondo di investimento al mondo BlackRock che ha deciso di indirizzare i propri investimenti verso imprese che ispirano strategie e attività a criteri ESG. (Leggi il servizio Blackrock, l’ambiente, le PMI e le prospettive dell’ESG).
Stiamo parlando del più grande gestore privato di fondi al mondo che dichiara di tenere nella massima considerazione per i propri investimenti le aziende che scelgono di migliorare il rapporto con l’ambiente e di assumere una governance sempre più attenta a tutele e diritti del personale.
Non solo, il fondo, che gestisce risorse per oltre 6.500 miliardi di dollari (ovvero per un valore che è di gran lunga superiore al PIL di diverse economie nazionali) ha anche stilato una sorta di lista di 244 imprese nel mondo che non stanno facendo ad oggi abbastanza per contrastare il climate change ovvero uno dei fattori chiave dell’ESG, ma anche uno dei temi sui quali più si sta concentrando l’attenzione dell’opinione pubblica.
Una mappatura delle aziende e un messaggio forte su questo tema al punto che in alcuni casi i rappresentanti del fondo hanno anche scelto di stimolare e spingere le imprese ad assumere un ruolo più deciso in questa direzione.
Guarda il video di CNBC con l’intervista al CEO di BlackRock sull’importanza della sostenibilità e dell’ESG
BlackRock non è la sola realtà impegnata su queste scelte. Sono tante le realtà che stanno adottando criteri legati ai parametri ESG per valutare il valore, le potenzialità e i rischi delle imprese, in particolare il tema che più di altri sta contribuendo a far crescere questa attenzione è legato alla convinzione che il rischio legato al clima e al rapporto tra imprese e ambiente rappresenti una componente sempre più importante del rischio di investimento.
ESG come evoluzione del Risk Management
Molti osservatori hanno voluto mettere in diretta relazione questa crescita di attenzione degli investitori verso l’ESG come una nuova forma, più evoluta e “proattiva” di Risk management.
Il tema, come indicato precedentemente, parte dal presupposto che i rischi legati al cambiamento climatico e i rischi legati ad una “scorretta” gestione del rapporto con l’Environment sono rischi ambientali che impattano in modo sempre più diretto sugli investimenti. In altre parole il rischio clima è parte integrante del rischio legato all’investimento.
La gestione di portafogli in grado di comprendere imprese impegnate sui temi della sostenibilità, dell’impatto ambientale, della lotta al climate change o al contrasto allo spreco di risorse come ad esempio il food waste, può permettere, nel medio e lungo periodo, di garantire un miglior rendimento in relazione a una miglior conoscenza e gestione dei fattori di rischio.
In altre parole, per chi ha prospettive di investimento di lungo periodo è sempre più importante contare sia su aziende in grado di disporre dei mezzi per comprendere questi rischi sia – soprattutto – di aziende con una capacità di azione adeguata per contrastare lo sviluppo e la diffusione di questi stessi rischi, di limitarne l’impatto e di contribuire allo sviluppo di condizioni che permettano di progettare e realizzare una inversione di tendenza rispetto alla situazione attuale.
I fattori di rischio (o le opportunità) di riferimento dell’ESG
Premesso che i rischi legati all’applicazione di progetti e processi ESG sono anche importantissime opportunità, è importante leggere queste prospettive anche sul piano delle possibili minacce.
Il rischio più importante, ovvero quello più noto direttamente collegato ai parametri ESG è rappresentato dalle minacce associate ai cambiamenti climatici, il ClimateChange rappresenta forse anche uno dei fattori che stanno contribuendo alla crescita di attenzione in favore dei parametri ESG.
Attivarsi per contribuire a ridurre l’impatto della “propria” impresa o organizzazione in termini di impatto ambientale è una opportunità che inizia ad essere premiata da investitori e consumatori ma che non è priva di rischi.
Accanto al clima l’ESG deve essere messo in relazione con i rischi collegati ai processi di transizione di imprese e organizzazioni verso nuovi modelli produttivi e organizzativi.
La gestione del cambiamento è certamente un fattore chiave che deve essere preso in assoluta considerazione e che appare determinante per lo sviluppo di qualsiasi progetto che intenda applicare i fattori Environmental, Social, Governance considerando che sono in gioco gli obiettivi delle imprese, gli skill, le risorse che le organizzazioni possono mettere in campo.
Gli altri rischi sono da leggere sul piano reputazionale, i rischi legati alla compliance normativa e ai possibili cambiamenti in corso a livello internazionale, così come i rischi operativi, legati alla implementazione concreta dei progetti e a quelli legati all’impatto sul mercato, ovvero la capacità di valorizzare scelte e investimenti presso i clienti.
Per quali ragioni è arrivato il momento di occuparsi di ESG
Non è solo una questione di etica e di sensibilità alle tematiche ambientali, ma di sostenere una attenzione generale da parte di consumatori, imprese e Pubbliche Amministrazioni verso lo sviluppo di una economia in grado di ponderare, misurare e gestire il proprio impatto sociale e ambientale.
Non è solo questione di favorire lo sviluppo di aziende che possono trovare un nuovo vantaggio competitivo presso una fetta peraltro crescente di consumatori disposti a premiare scelte coraggiose in termini di investimenti e decisioni a favore dell’ambiente e della società, ma di credere che queste scelte siano a tutti gli effetti il presupposto di una nuova economia che si assume la responsabilità di controllare e misurare le conseguenze delle proprie attività e poter controllare così (e ridurre nel tempo) una serie di rischi e di minacce che rendono meno efficace e più pericoloso il business tradizionale.
Ascolta subito il podcast di Harward Business Review QUI

Quali sono le ragioni che stanno favorendo questa attenzione verso l’ESG
I più di 30 trillioni di dollari investiti nel corso del 2018 sulla base di criteri ispirati ai principi ESG rappresentano una realtà che si è consolidata grazie a una serie di fattori che in questi anni hanno contribuito a trasformare l’ESG da un tema elitario a un fenomeno capace di interessare e coinvolgere tutti.
Innanzitutto si deve considerare che siamo davanti a una consolidata e forte attenzione da parte dell’opinione pubblica, sia rispetto ai rischi che il pianeta sta correndo, sia rispetto al fatto che ogni impresa e ogni organizzazione ha il dovere di attivarsi in questo senso.
Ma accanto alla sensibilità concreta dell’opinione pubblica iniziano ad esserci regole più chiare da parte dei governi di tanti paesi e da parte delle istituzioni internazionali e con le regole è arrivata anche una nuova cultura, molto più consapevole del valore economico legato all’impatto ambientale, un valore che parte dal presupposto che le strategie volte a favorire lo sviluppo delle imprese in chiave ESG non compromettono i risultati di business, anzi in non pochi casi si è dimostrato esattamente il contrario.
Il grande tema che sta alla base di tutto è nel termine consapevolezza che sta prendendo sempre più spazio a livello economico e che attiene alla responsabilità verso le generazioni future, una responsabilità che si traduce in scelte in grado di alzare il livello di attenzione sui risultati di business e sull’impatto delle imprese nel medio e nel lungo periodo.
E come viene ben rappresentato in questo video di Deutsche Bank uno degli obiettivi primari dell’ESG è quello di allineare i principi e le decisioni del sistema finanziario globale con i bisogni “nuovi” della società.
Le cinque motivazioni che stanno spingendo le imprese verso strategie ESG
Come sempre la definizione delle scelte strategiche delle imprese è il frutto di una sintesi di una serie di fattori, di obiettivi, di scenari, di consapevolezza dei rischi legati al cambiamento e della visione dell’azienda, in termini di identità e di prospettive.
Le scelte ESG non fanno eccezione anche se in questo caso gli “ingredienti” che stanno alla base di questa decisione sono ancora oggi in larga misura in evoluzione e ancora da comprendere appieno sia nella loro valenza, sia nelle possibilità di implementazione.
Ma è certamente oggi il caso di “metterli in file” anche per constatare che si tratta di un “pacchetto” che nel suo insieme permette di immaginare come l’ESG prefiguri cambiamenti sempre più rilevanti tanto nello “stile di fare impresa” quanto nello “stile di vista” delle persone. In questa prima “lista sono 5 i fattori chiave che caratterizzano la spinta al cambiamento determinata dall’ESG:
- La cultura ambientale dei consumatori – le scelte dei consumatori premiano in modo sempre più importante i prodotti e i servizi capaci di garantire. di comunicare un impegno in termini di riduzione dell’impatto ambientale.
- Climate Change – La consapevolezza che è necessario agire per contribuire, in tutti i modi, a ridurre i rischi legati ai cambiamenti climatici è un altro fattore che sta impattando in modo rilevante sulle scelte produttive o distributive delle imprese.
- Riduzione degli sprechi, gestione delle risorse – Si tratta di un fenomeno che naturalmente sta alla base del punto 4 (che lo segue in questo elenco) e che attiene alla sostenibilità, ma che ha uno specifico valore autonomo e indipendente. La focalizzazione sulla gestione maniacale delle risorse e sulla riduzione maniacale degli sprechi sta diventando (per fortuna) un carattere distintivo delle imprese più illuminate e rappresenta sia un segno di attenzione al futuro del pianeta sia una scelta strategica che porta frutti importantissimi già nel breve periodo.
- Sostenibilità ambientale ed economica – La capacità di coniugare tutte le principali declinazioni della sostenibilità rappresenta un valore sociale e di mercato, che aumenta il livello di consenso presso i consumatori – clienti e contribuisce ad aumentare l’identità sociale delle imprese.
- Fiscalità e normativa – si sta prefigurando un percorso normativo e fiscale volto a favorire le imprese che credono e investono per raggiungere risultati legati alla sostenibilità ambientale e alla riduzione degli sprechi. Ai benefici diretti che possono essere colti in termini di sviluppo di prodotti e servizi in sintonia con le nuove esigenze dei consumatori, ai vantaggi in termini di efficienza grazie alla migliore gestione delle risorse si aggiunto i benefici che arrivano e arriveranno da una fiscalità che premia queste scelte e che aggiunge nuovi svantaggi alle imprese che restano ancorate ai vecchi modelli di consumo e di produzione.
Il rapporto tra innovazione digitale ed ESG
Il principio di base dell’ESG è che l’attenzione all’impatto ambientale e sociale sia frutto di un nuovo rapporto tra imprese e ambiente circostante, un rapporto che non prevede o subisce una riduzione dei risultati di business, ma che anzi li reinterpreta e ripensa nell’ottica di benefici che sono sia economici sia di crescita sociale.
Un ruolo fondamentale in questo percorso è svolto dall’innovazione digitale che per certi aspetti è iniziato da tempo e che già vede il digitale contribuire in modo molto concreto nella individuazione e nell’analisi dei fattori di rischio che accompagnano la vita delle imprese, sia in termini di rischi che possono compromettere i risultati delle imprese, sia in termini di rischi legati all’attività delle imprese nei confronti dell’ambiente in tutte le sue declinazioni.
Nell’analisi di questi fattori l’innovazione digitale permette di controllare i parametri ESG e di verificare le correlazioni tra le pratiche volte a ridurre l’impatto ambientale e i risultati di business.
Non solo, il digitale permette di aumentare il livello di consapevolezza e conoscenza nella introduzione di nuovi prodotti o nuovi servizi e di tenere sotto controllo la loro sostenibilità sotto tutti gli aspetti.
Si può dire che l’introduzione e la diffusione di pratiche ESG è in effetti possibile anche grazie alla diffusione e all’utilizzo di tecnologie come l’Internet of Things, i Big Data Analytics, l’Intelligenza Artificiale o come gli strumenti della Space economy che permettono di disporre di dati sempre più precisi relativamente al territorio, all’ambiente, agli effetti dei cambiamenti climatici e alla capacità di prevedere rischi o minacce in modo sempre più preciso. In questo senso un ruolo particolarmente importante è svolto dalle startup e in particolare dalle cleantech.
Il digitale è poi assolutamente fondamentale per tutte le attività legate alla misurabilità dei progetti, degli interventi, delle azioni che hanno lo scopo di trasformare le attività delle aziende.
Il ruolo dell’energia nel percorso di sviluppo ESG
Sulla E di Environmental delle logiche ESG si può ben dire che giochi un ruolo fondamentale anche la E di Energy.
Ovviamente ci sono imprese che sono direttamente interessate in termini di produzione e distribuzione di energia e per queste è evidente che il tema dell’impatto sull’ambiente ha un valore strategico su tutte le scelte che governano le logiche di business.
Ma nella valutazione delle prospettive ESG è importante guardare oggi alle scelte delle aziende e delle organizzazioni che utilizzano energia e che con le loro scelte contribuiscono sia direttamente (per il proprio fabbisogno) che indirettamente (per il supporto e lo sviluppo di tendenze di consumo a livello sociale) a favorire uno scenario favorevole all’ESG.
In questo senso è interessante osservare la classifica del sito americano Renewable Now (leggi QUI il servizio ) relativa all’acquisto di energia rinnovabile nel corso del 2019. Nel ranking del sito si vede che il mondo digital è particolarmente attento all’utilizzo di energie rinnovabili con ben 6 aziende nelle prime 10 posizioni e con il social network Facebook al primo posto.
I dati riguardano l’acquisto di energia per attività commerciali e sono forniti dall’associazione Renewable Energy Buyers Alliance (REBA) che stima in 9,33 GW il volume di energie rinnovabili trattate nel corso del 2019 e prevede di arrivare a 60 GW entro il 2025.
WEF: l’ESG impone un nuovo rapporto con la “materiality”
Premesso che una delle indicazioni che qualificano meglio l’ESG oggi è che i fattori legati all’impatto ambientale e sociale hanno o possono avere un impatto sempre più positivo sul business delle imprese occorre considerare anche come cambia il rapporto tra mondo della produzione, impatto sull’ambiente e rappresentazione di questo impatto in termini di risultati delle imprese.
Un aspetto di questa evoluzione è rappresentato dal concetto di materialità, analizzato da uno studio WEF – BCG dal titolo Embracing the New Age of Materiality – Harnessing the Pace of Change in ESG, accessibile QUI.
Lo studio vuole mostrare che con questo fenomeno ci sono anche le premesse per un nuovo rapporto con tutto ciò che attiene alla “materialità“, ovvero che cambia anche il rapporto con gli “oggetti fisici” e che in particolare la “responsabilità” tra il mondo della produzione e l’ambiente si concretizza proprio nei prodotti, nella capacità di gestire tutto il loro ciclo di vita, ovvero tutte le fasi nelle quali si configura una qualsiasi forma di impatto sull’ambiente e sulle persone.

Tra i fattori che abilitano lo sviluppo di questa nuova fase troviamo certamente la disponibilità di dati sui prodotti, di dati relativi agli ambienti nei quali sono collocati o nella relazione con altri prodotti.
In particolare, in questo scenario aumenta la domanda di produzione di dati, di condivisione degli stessi e di trasparenza. La rappresentazione digitale dei prodotti “materiali” non è solo legata al dato relativo al design, al progetto, alle caratteristiche fisiche e tecniche, ma alla loro “vita”.
Un tema questo che si concretizza fattivamente in un cambiamento importantissimo e molto rilevante in termini di reportistica da parte delle imprese. Solo per fissare un esempio le emissioni CO2 di un prodotto non possono essere limitate al ciclo di produzione e distribuzione ma devono comprendere anche il suo percorso una volta che esce dall’azienda e la sua relazione con altri prodotti e ambienti.
Il report WEF – BCG permette di capire come concetti e principi per certi aspetti finanziariamente immateriali come quelle legate alle decisioni di investimento hanno un impatto assolutamente “materiale” nel tempo relativamente alla ricaduta concreta in termini ambientali e sociali di quelle scelte. Si procede verso una situazione nella quale la misurabilità di questo impatto è destinato ad influenzare in modo sempre più rilevante il business.
La sfida è adesso quella di creare strategie di investimento sostenibili, di gestire in modo più efficace i rischi e di guardare al valore nel lungo periodo delle imprese considerando tutte le forme di impatto ambientale.
La “materialità” che sta al centro del rapporto WEF ci dice che ci sono già investitori, in “rappresentanza” di portafogli che valgono qualcosa come 118 trilioni di dollari di investimenti che si aspettano dalle aziende dati e informazioni in conformità con la Task Force on Climate-related Financial Disclosures. (La TCFD è una organizzazione nata nel 2015 con la missione di sviluppare e promuovere la raccolta e la condivisione di dati che mettono in relazione i rischi legati al clima e il loro impatto a livello finanziario con l’obiettivo di permettere alle aziende di informare gli investitori delle possibili conseguenze finanziarie legate ai cambiamenti climatici).
Nel report si parla poi del fenomeno della “dynamic materiality” o materialità dinamica con il quale si vuole rappresentare il concetto di relazione ed evoluzione tra beni materiali e immateriali. Ciò che è immateriale oggi può diventare materiale domani o può avere un impatto concreto in termini “materiali” e per gli investitori sarà sempre più necessario governare anche questa dimensione.
Per questo, nel prossimo futuro, le imprese e con loro gli investitori dovranno dotarsi, come sottolinea il report WEF, di uno specifico approccio alla “materialità” e il documento descrive il framework che permette agli investitori di identificare i fattori ESG per capire come considerarli e integrarli nei processi di progettazione, realizzazione e gestione dei prodotti e dei servizi.
L’Environmental report di IBM che anticipa nel 1990 i temi ESG
IBM è stata una delle prima compagnie a dare vita già nel 1990 a un voluntary corporate environmental report. Grazie alla collaborazione con la Coalition for Environmentally Responsible Economies (CERES), nel 1994 è arrivata alla pubblicazione del Public Environmental Reporting Initiative (PERI).
Le Global Environmental Management System di IBM hanno creato le premesse per incidere nel corso del tempo sullo sviluppo di best practices e di business practices in favore dell’ambiente in tutte le attività della corporation e hanno istituzionalizzato l’attenzione costante verso i temi della sostenibilità.
I risultati più recenti di questo percorso si possono individuare nella riduzione delle emissioni di CO2 dell’11,1% registrati nel corso del 2019 rispetto al 2018 che portano a sfiorare il 40% di riduzione nel confronto con il 2005.
Il risultato vede salire al 47% la quota di energia elettrica proveniente da fonti rinnovabili, in un percorso che prevedere di arrivare al 55% entro il 2025. Sono poi cresciuti anche i progetti legati alla gestione e ottimizzazione dell’energia. In valore assoluto si tratta di 1660 progetti attivi su 230 sedi per un risparmio di energia calcolato in 136.000 MWh.
Premesse all’ESG: cosa è cambiato a livello di Environmental Reporting dal 1990 a oggi nell’esperienza e nella visione di IBM
Il ruolo del carbon footprint dei prodotti per l’ESG
La cosiddetta “Impronta di carbonio” dei prodotti rappresenta uno dei parametri più conosciuti nel determinare il valore delle iniziative e delle azioni delle imprese sia per la componente “E” Environmental sia per la componente “S” Social di ESG.
In particolare, la carbon footprint è una unità di misura che permette di valutare l’intensità delle emissioni di gas serra che possono essere ricondotte a un prodotto o a una serie di attività necessarie per realizzare un servizio.
Si tratta di una misura che si esprime in tonnellate di CO2 equivalente. Grazie a questa metodica è possibile permettere alle persone, ai clienti di un’azienda, a coloro che utilizzano i servizi di una organizzazione di avere una indicazione dell’impatto ambientale delle loro scelte, anche delle scelte più quotidiane.
I gas serra considerati per questa valutazione comprendono l’anidride carbonica (CO2), il metano (CH4), l’ossido nitroso (N2O), gli idrofluorocarburi (HFC), i perfluorocarburi (PFC) e l’esafloruro di zolfo (SF6). Si tratta di gas che, come indicato nel Protocollo di Kyoto, sono considerati responsabili, in quanto componenti del gas serra, dell’impatto ambientale e dei cambiamenti climatici causati dall’uomo.
Il controllo rigoroso e il monitoraggio del Carbon Footprint di prodotti e servizi rappresenta uno strumento che permette di ridurre l’impatto ambientale.
Europa: l’ESMA affaccia l’ipotesi di una Ecolabel per i prodotti finanziari
La European Securities and Markets Authority (ESMA) nell’ambito di una consultazione per la Commissione Europea (leggi il servizio Una Ecolabel, in prospettiva, per garantire i parametri ESG a livello EU) ha ipotizzato la realizzazione di una Ecolabel per retail sustainable financial products, una sorta di marchio di qualità in grado di dimostrare il tipo di impatto a livello ecologico dei prodotti finanziari.
ESMA nell’ambito della consultazione ha definito tre priorità:
- Il miglioramento a livello di standard condivisi per misurare i sustainable data,
- La regolamentazione e vigilanza efficaci a livello dell’UE con particolare attenzione ai prodotti finanziari emergenti, come le obbligazioni verdi
- Lo sviluppo e sostegno di un forte coordinamento e una forte cooperazione a livello internazionale
Articolo creato da Mauro Bellini l’11 agosto 2020.
Ultimo aggiornamento 25 Ottobre 2021
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