Agricoltura simbiotica, la qualità dei prodotti si abbina alla sostenibilità

Grazie all’impiego di bioti microbici, humus e minerali zeolitici il sistema punta a garantire e migliorare la fertilità e la biodiversità del suolo. Per la certificazione nasce il consorzio Ecosì, fondato da Sergio Capaldo, fondatore di La Granda e tra i massimi esperti di agrifood e allevamento in Italia

Pubblicato il 09 Dic 2021

Agricoltura Simbiotica

Un sistema di produzione agroalimentare che prevede l’impiego di bioti microbici, humus e altri minerali zeolitici che riattivano, mantengono e sviluppano i microrganismi e i composti microbici del terreno, garantendo e migliorando la fertilità e la biodiversità del suolo. Stiamo parlando dell’agricoltura simbiotica, già praticata per la produzione di un paniere di prodotti che comprende latte, uova, ortaggi e carne in Piemonte, per la precisione in provincia di Cuneo, e che da pochi mesi dispone anche di un sistema di certificazione con la nascita del consorzio Ecosì, nato dall’iniziativa di Sergio Capaldo, Amministratore delegato dell’azienda di trasformazione carni La Granda e presidente del Consorzio La Granda, oltre che veterinario e tra i messimi esperti in Italia di allevamento e agricoltura. La Certificazione di Sistema dell’agricoltura simbiotica è privata e volontaria, e risponde a un disciplinare di produzione depositato a livello nazionale ed europeo.

I vantaggi dell’adozione dell’agricoltura simbiotica vanno a coprire tre aspetti fondamentali della sostenibilità. Quella ambientale, perché questo sistema consente di trattenere il carbonio organico nel suolo, di migliorare la resistenza allo stress idrico e ripristinare la biodiversità e la funzionalità microbica nei suoli e nei cibi. Quella animale, perché punta a garantire la salute e il benessere animale partendo da cosa mangiano i capi allevati, e la sostenibilità sociale, perché con l’agricoltura simbiotica si punta a remunerare i prodotti in funzione del lavoro svolto per migliorare la salute del suolo e del cibo.

Il principio alla base dell’agricoltura simbiotica è che il rispetto del biota microbico delle piante e del suolo è un elemento cardine della salute umana, perché direttamente connesso al biota dell’uomo. “Il biota microbico del suolo – spiegano i fondatori – giunge nello stomaco attraverso il cibo che assumiamo quotidianamente, condizionando l’intestino umano e formando così il biota microbico umano. Un’agricoltura dissennata e intensiva condiziona la salute del nostro pianeta e contemporaneamente provoca l’impoverimento del biota microbico nel suolo, che, tramite il cibo, va a condizionare il biota microbico intestinale e quindi la nostra salute”.

Tra le principali caratteristiche dell’agricoltura simbiotica c’è l’applicazione nei terreni coltivati dei microorganismi e funghi micorrizzici e di minerali zeolitici e humus per favorire la vitalità dei microorganismi. Il principio generale è quello dell’utilizzo dell’agricoltura conservativa, che prevede una minima lavorazione del terreno, alla quale si affiancano le rotazioni delle colture e la sostituzione delle monoculture. Di pari passo l’agricoltura simbiotica prevede una diminuzione drastica dell’uso di fertilizzanti azotati, fosfatici, potassici e di fitofarmaci, insieme all’abolizione dell’uso di ogm e di prodotti derivati da Ogm e alla tendenza a favorire la coltivazione di prati polifiti poliennali che contano su una ricca varietà di specie.

Il modello dell’agricoltura simbiotica, spiegano i promotori, è applicabile anche su scala ampia e su tutte le tipologie di terreno, dalla montagna alla collina alla pianura, anche nelle aree più “scomode” per ragioni logistiche, che grazie a questo sistema potrebbero anzi essere recuperate e rivalutate, grazie al fatto che il biota microbico e le cabasiti possono dare una forte vitalità al suolo e aumentarne la produttività, in qualsiasi zona.

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