L'intervista

Assiteca agricoltura, Vimini: “Grazie all’innovazione affrontiamo i nuovi rischi”

L’Ad del broker assicurativo: “Il comparto sta cambiando rapidamente a causa del climate change e di una serie di altri fattori. Le compagnie tradizionali non sono più in grado di fornire da sole coperture adeguate alle attuali necessità, e per questo servono soluzioni integrate di gestione del rischio ricorrendo anche a strategie di protezione attiva e all’utilizzo di polizze parametriche”

Pubblicato il 19 Mag 2022

Assiteca agricoltura

Il mondo dell’agricoltura sta attraversando un periodo di trasformazione profondo, a causa dei cambiamenti climatici ma anche dell’impatto che le nuove tecnologie stanno avendo sull’intero comparto. Questi cambiamenti hanno un loro riflesso anche sui rischi, con gli addetti ai lavori che non trovano più negli strumenti tradizionali di protezione una risposta a 360 gradi, e che proprio per questo sono nella condizione di prendere in considerazione soluzioni innovative da affiancare a quelle che già utilizzano.

Ad aver fatto propria la mission di affiancarli in questo percorso è Assiteca Agricoltura, la divisione del broker assicurativo Assiteca specializzata nell’agrifood, che gioca in questa partita anche un ruolo consulenziale a tutto tondo, aiutando le aziende a mettere in campo tutti gli strumenti del risk management, dalla prevenzione alla scelta del prodotto migliore a seconda delle esigenze, fino ad arrivare alle polizze parametriche, che si stanno rivelando uno strumento sempre più utile in questa fase di transizione. Dal 2010 – anno della sua costituzione – ad oggi Assiteca Agricoltura ha consolidato il proprio posizionamento sul mercato con una crescita media del 20% annuo raggiungendo un ruolo di leadership con circa 600 milioni di valori assicurati e 60 milioni di premi intermediati con più di 15.000 polizze emesse.

A spiegare in un’intervista ad Agrifood.tech come si sta muovendo Assiteca Agricoltura e quali sono le prospettive del settore è l’Ad Michele Vimini.

Michele, come è cambiato il mondo dell’agricoltura negli ultimi anni e quali sono i “nuovi rischi” che gli operatori del settore si trovano ad affrontare?

Michele Vimini

Negli ultimi anni abbiamo assistito a diversi cambiamenti. Potremmo partire dallo sviluppo biotecnologico, grazie al quale vengono introdotte nuove varietà colturali, e al crescente ricorso alle coltivazioni biologiche, di cui c’è una grande richiesta sul mercato anche in ottica di sostenibilità, per limitare l’utilizzo di agenti chimici artificiali per contrastare gli attacchi parassitari e l’insorgenza di fitopatie. Un altro cambiamento a cui stiamo assistendo è l’aumento delle produzioni intensive, e il fatto che si punti in maniera crescente alla qualità dei prodotti. In primo piano c’è anche l’introduzione delle tecnologie 4.0 in agricoltura, in grado di portare molte nuove opportunità al settore. Per ultimo ho tenuto il tema principale, quello del mutamento del clima, che sta trasformando in modo rapido e significativo la vocazione agricola di determinati territori; alcune aree che sono sempre state vocate alla coltivazione di determinate colture iniziano ad avere difficoltà a portare a termine con successo e continuità le produzioni tradizionali. Tutti questi cambiamenti portano con sé, ognuno per la sua parte, anche nuovi rischi.

Di che rischi si tratta?

Il fatto che vengano prodotte nuove varietà, in grado di anticipare il ciclo colturale per soddisfare esigenze di mercato, espone le produzioni ai rischi tipici di un periodo a loro non consono come le gelate primaverili o le precipitazioni eccessive.

Nel caso del crescente ricorso al biologico, poi, c’è il fatto che a seguito di particolari avversità, come può essere la grandine, l’impossibilità di utilizzare trattamenti chimici in grado di contrastare l’insorgenza di fitopatie aumenti il rischio di perdita della produzione.  Quanto alla produzione intensiva, il pericolo è generato dall’aumento della esposizione di rischio nello stesso spazio: se qualcosa andrà storto quindi i danni saranno più gravi. Allo stesso modo, quando ci si concentra in modo più attento sulla qualità dei prodotti, è ovvio che eventi avversi possano mettere a rischio proprio il valore aggiunto, in termini di qualità, di cui si va alla ricerca. Un capitolo a parte lo merita il climate change, che porta con sé un aumento significativo della frequenza di eventi metereologici catastrofali estremi – in particolare gelo primaverile e siccità – cioè quegli eventi gravi per loro natura ma che dovrebbero verificarsi con scarsa frequenza, e registriamo al contempo un aumento della gravità degli eventi atmosferici tipicamente frequenti – come possono essere la grandine o il vento forte. Quindi eventi gravi più frequenti ed eventi frequenti più gravi.

Di pari passo sta cambiando anche la gestione del rischio nel comparto. Quali sono – in generale – gli strumenti più innovativi ai quali si può ricorrere per minimizzare l’impatto di eventuali danni?

Partiamo dalla situazione che sta vivendo il mercato assicurativo tradizionale. Negli ultimi 10 anni abbiamo assistito a perdite pesantissime nel settore delle avversità atmosferiche, e tutto questo si riflette in una riduzione delle capacità sottoscrittive delle compagnie di assicurazione e di riassicurazione, e nell’introduzione di correttivi tecnici alle coperture, che tendono a limitarne la portata e a penalizzare lo strumento dal punto di vista dell’agricoltore. Così il cambiamento delle politiche di gestione del rischio diventa una sorta di scelta obbligata per le aziende agricole, che non possono più fare affidamento soltanto sugli strumenti tradizionali. Devono sempre più coniugare tra loro più strumenti diversi: potenziare la difesa attiva, quindi pensare agli impianti di protezione antigrandine o antibrina, a sistemi più moderni di irrigazione in grado di limitare l’uso di acqua, all’utilizzo di nuove tecnologie anche in tema di prevenzione, come le stazioni meteo evolute collegate a specifiche App in grado di dare un supporto alle aziende nella gestione e nella pianificazione dei trattamenti o nella programmazione dei raccolti. Poi c’è il tema complesso della difesa passiva: a livello istituzionale l’Unione Europea e anche l’Italia stanno lavorando per potenziare gli strumenti a disposizione delle aziende affinché possano dotarsi di soluzioni sempre più efficaci. Le polizze tradizionali rappresentano al momento la parte prevalente per l’agricoltura in Italia, ma a queste si stanno affiancando nuovi strumenti di tipo assicurativo e mutualistico innovativi, come le polizze parametriche, i fondi di mutualizzazione, gli IST (Income stabilization tools), le coperture dedicate al mondo dell’industria di trasformazione e delle cooperative per far fronte al rischio di mancato conferimento di prodotto o di riduzione dell’approvvigionamento in seguito a situazioni avverse.

Qual è il ruolo che Assiteca si è ritagliata e vuole ritagliarsi nel comparto, e quanto conta l’approccio personalizzato in questo settore specifico?

Il nostro ruolo è fornire soluzioni integrate, coniugando tra loro questi strumenti e mettendo a disposizione quel servizio di consulenza che crei un giusto abbinamento, con soluzioni mirate, il più possibile tailor made. Così suggeriamo – laddove disponibili – l’adesione a fondi di mutualità o Ist, proponiamo accordi con aziende che installano e forniscono supporto tecnologico, studiamo l’abbinamento di coperture assicurative tradizionali e innovative e provvediamo a collocarle sui mercati assicurativi.  Il nostro ruolo, in sostanza, va al di là dell’essere semplici intermediari, o broker, per trovare quel giusto coordinamento e l’unione più virtuosa tra strumenti in grado di dare alle aziende una protezione più ampia, che arrivi ad avvicinarsi ai 360 gradi.

Si parla sempre più di polizze parametriche: in cosa consistono, e quali sono i vantaggi di questo approccio?

Si tratta di un prodotto assicurativo relativamente giovane, che nasce e si sviluppa a partire dagli anni ‘90 nel mercato estero riassicurativo, con l’obiettivo prevalente di dare una risposta efficacie alle esigenze di copertura dei rischi catastrofali. Sono definite anche polizze “index based”, legate a indici specifici, dove il verificarsi dell’evento assicurato coincide con il raggiungimento dell’indice stabilito in polizza. Nel nostro caso parliamo perlopiù di indici climatici, che si riferiscono quindi a temperature, precipitazioni scarse o eccessive, o a formule più complesse che combinano più indici attraverso algoritmi di calcolo. Vengono generalmente collocati su un mercato assicurativo diverso da quello tradizionale, che in questo momento gode di una maggiore capacità di sottoscrizione.

Dal punto di vista gestionale la caratteristica principale è la semplicità: procedure più snelle e tempi di liquidazione più rapidi.

La complessità sta più a monte, nella fase di studio e di costruzione del prodotto, poiché è fondamentale trovare la giusta correlazione tra il verificarsi dell’evento avverso che genera l’indennizzo e la perdita effettivamente subita dall’assicurato: l’esigenza è mantenere un criterio indennitario della copertura assicurativa evitando anche il rischio di sovracompensazione. Perché in assenza di un rischio reale sottostante queste polizze sarebbero equiparabili a obbligazioni, prodotti finanziari anziché assicurativi.

Quanto al pricing il procedimento si basa sull’analisi dei dati meteo storici e, grazie all’utilizzo di algoritmi molto efficienti, va a calcolare il coefficiente di probabilità di raggiungimento dell’indice in un periodo predeterminato. Si stabilisce quindi una tabella di pay-out fino a un massimale di indennizzo, senza necessità di effettuare perizie sul campo. Abbiamo iniziato circa cinque anni fa a proporre ai nostri clienti anche polizze parametriche a integrazione di quelle tradizionali ma fino a quando queste ultime hanno potuto erogare senza difficoltà le prestazioni richieste dai clienti non hanno riscosso molto interesse. Oggi, con la riduzione di capacità per le coperture tradizionali, l’aumento di franchigie e l’introduzione di scoperti e di limiti di indennizzo, le aziende hanno più difficoltà a coprire adeguatamente i loro rischi e l’interesse nei confronti delle polizze parametriche sta aumentando tant’è che vengono prese in considerazione per integrare le prestazioni delle polizze standard. Fino, in alcuni casi, come per il rischio di gelate, a sostituire talvolta completamente le vecchie polizze.

Il mondo dell’agricoltura è al centro di un processo di modernizzazione, ma rimane un settore considerato tra i più “tradizionalisti”. Come vengono accolti questi strumenti innovativi dagli addetti ai lavori?

E’ vero, anche se stiamo assistendo a un cambiamento generazionale. In secondo luogo, fenomeni come gli effetti dei cambiamenti climatici, veri e propri stravolgimenti rispetto al passato, stanno costringendo gli agricoltori a confrontarsi con problemi nuovi, e questa è una spinta che accelera il cambiamento e l’innovazione, come ad esempio accade con la tendenza delle piccole aziende di dare vita ad aggregazioni per avere un approccio più imprenditoriale al mercato.

L’opportunità per il broker è in questo caso di diventare parte attiva nel processo di risk management anche se, nel campo dell’agricoltura, siamo indietro rispetto a quanto – ad esempio – avviene nel manifatturiero. Il nostro compito è di fare un’analisi di tutti i fattori di rischio proponendo soluzioni che possano valorizzare i prodotti e dare maggiori opportunità di sbocco sul mercato. Parliamo sia di difesa attiva sia di strumenti innovativi, cerchiamo di smuovere la cultura tradizionalista promuovendo qualcosa di nuovo che va nell’interesse dell’agricoltore, anche con gradualità, aiutando i nostri clienti nella fase di passaggio. L’obiettivo è di creare una nuova cultura di gestione del rischio affinché i nuovi strumenti non vengano considerati come un costo ma come un’opportunità. Un investimento che aiuta l’azienda a raggiungere l’obiettivo finale, quello della redditività.

C’è una case history che dal suo punto di vista vale la pena di raccontare per dimostrare in sintesi le nuove opportunità che si stanno aprendo in questo campo?

Secondo me è molto interessante quello che sta succedendo nel campo del vino, uno dei settori dove in Italia è più evidente la spinta verso la qualità del prodotto.

In questo campo le polizze tradizionali non sempre sono efficaci, perché la stessa varietà di uva può essere utilizzata per realizzare prodotti diversi, di bassa, media, alta o altissima qualità. Ma la l’evento atmosferico estremo che colpisce l’uva non considera la destinazione e la qualità del prodotto finale; punta soltanto a risarcire l’agricoltore per il danno alla coltivazione: il grappolo, in pratica, ha sempre lo stesso valore a prescindere da quale sia il vino che ne scaturirà.

Nel settore vitivinicolo abbiamo una certa esperienza, con più di 250 milioni di euro assicurati in Italia, e sviluppiamo, insieme agli imprenditori, soluzioni integrate con polizze parametriche, come ad esempio succede già da diversi anni in Francia, per le eccellenze locali. Puntiamo per le linee di pregio a garantire un risarcimento il più possibile vicino al valore finale di vendita della bottiglia, ben diverso rispetto al valore delle uve.

Un’altra iniziativa interessante che abbiamo portato avanti quest’anno è stata la gestione in forma collettiva delle polizze parametriche in sinergia con alcuni Consorzi di difesa. Questo ha consentito di superare l’ostacolo dei premi minimi per polizza tipicamente necessari per stipulare un contratto parametrico consentendo così a molte aziende di utilizzare di questo strumento anche per somme assicurate e premi di modesta entità.

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