Il biowaste non si ferma, ma bisogna superare il divario Nord-Sud

Un’evidenza del CIC – Consorzio Italiano Compostatori che ha registrato un trend di crescita nella raccolta annuale pro-capite del rifiuto organico e nella produzione di compost, biogas e biometano. Evidente è il gap che divide Nord e Sud Italia, caratterizzata da una cronica mancanza di impianti di trattamento biologico

Pubblicato il 01 Giu 2020

CIC Scarti organici

L’emergenza sanitaria provocata dalla diffusione capillare del Coronavirus ha avuto ricadute sociali ed economiche che hanno impattato sull’intero Paese, da Nord a Sud. Questa situazione non ha tuttavia impedito al settore del biowaste di progredire, potendo contare su aziende e lavoratori che si sono impegnati e si impegnano tuttora a garantire la continuità del settore.

Lo dimostra l’andamento della raccolta dell’organico (umido, verde e altre matrici organiche provenienti dalla raccolta differenziata) in Italia, che con un aumento del 7,5% rispetto all’anno scorso raggiunge i 7,1 milioni di tonnellate (di cui 5,1 milioni di FORSU – Frazione Organica del Rifiuto Solido Urbano – e 2 milioni di frazione verde – che ha vissuto un calo in raccolta e trattamento, con la conseguenza che una parte di questo rifiuto è uscito dai radar della tracciabilità-). I cittadini italiani differenziano circa 17,5 milioni di tonnellate di rifiuti, il 40,4% dei quali rappresentano il rifiuto organico, che si conferma così la frazione più importante per la Raccolta Differenziata.

A sottolinearlo è il CIC (Consorzio Italiano Compostatori) che, in occasione della “Settimana Internazionale della Consapevolezza del Compost” (ICAW – dal 3 al 9 maggio), ha rielaborato i dati 2018 del rifiuto organico e degli impianti italiani a partire dai dati del Rapporto Rifiuti Edizione 2019 dell’ISPRA, assicurando la continuità al lavoro di raccolta, di supporto e di analisi svolto in questi anni.

“Non possiamo che ringraziare tutti i lavoratori del settore per ciò che stanno facendo in questo periodo, assicurando la continuità di filiera e scongiurando altre pericolose emergenze ambientali. Le nostre aziende e gli impianti industriali del settore stanno mettendo in atto tutte le strategie possibili per restare al servizio della comunità e far sì che, una volta rientrata l’emergenza, la catena possa riprendere in piena operatività e senza contraccolpi” dichiara Massimo Centemero, Direttore del CIC.

Raccolta differenziata pro-capite e impianti di trattamento biologico: il deficit del Centro-Sud

La raccolta annuale pro-capite è salita a 117 kg/abitante/anno: l’Emilia Romagna è in testa con una raccolta differenziata di più di 170 kg/abitante di rifiuto organico nel 2018. Al primo posto per quantità di frazione organica raccolta, si conferma invece la Lombardia, con quasi 1,3 milioni di tonnellate annue, contro i 1,2 milioni dell’anno precedente. Al secondo posto sale l’Emilia Romagna, che con circa 794.000 tonnellate supera il Veneto, che scende al terzo posto (750.000 t ca) registrando un lieve calo nella raccolta. Stabili al quarto e quinto posto la Campania (680.000 t ca) e il Lazio (550.000 t ca).

Guardando alla raccolta differenziata nel Sud della penisola, 5 regioni su 6 si trovano al di sotto della media pro-capite. La sola Campania è in media, ma non ha registrato sostanziali passi in avanti negli ultimi anni. Nell’ultimo anno la Sicilia è l’unica regione del Centro – Sud ad aver mostrato un netto incremento della raccolta, passando da 208.000 t a 300.000 t ca. E visto che per il 2025 si prevede che la raccolta del rifiuto organico raggiungerà quota 9.200.000 tonnellate in Italia, ovvero più di 150 Kg/ab/anno, Massimo Centemero ritiene fondamentale continuare a lavorare soprattutto in queste regioni che sono poi le stesse affette da una cronica mancanza di impianti di trattamento biologico concentrati soprattutto nel Nord Italia.

Su 281 impianti di compostaggio (+500.000 t di riciclo dal 2013 al 2018) che producono Compost utilizzato in agricoltura e nel florovivaismo, 173 sono dislocati al Nord, 46 al Centro e 62 nel Sud e nelle Isole. Dei 58 impianti di Digestione Anaerobica e Compostaggio (+1.670.000 t dal 2013 al 2018), che producono Compost e Biogas, la maggior parte delle strutture si trova a Nord (47), mentre se ne contano solo 4 al Centro e 7 tra Sud e Isole.

“Uno squilibrio che finora ha retto perché l’Italia non è mai andata in emergenza per questa tipologia di rifiuti, ma che costringe il Centro e il Sud Italia a trasferire i propri rifiuti organici in altre regioni, con enorme diseconomicità del sistema”, prosegue il direttore del CIC. “Oltre il 35% del deficit impiantistico nazionale necessario a gestire le raccolte previste a regime si concentra tra Lazio, Campania, Sicilia e Puglia; nella prospettiva di una gestione regionale del rifiuto raccolto, il deficit a regime delle regioni del Centro-Sud è drammatico: oltre il 700% in Campania, quasi 500% nel Lazio, 200% in Sicilia e Marche”.

Per compost, biogas e biometano trend in crescita

Dai rifiuti organici raccolti nel corso del 2018 sono state prodotte 2,04 milioni di tonnellate compost, il 64% da compostaggio e il restante 36% da digestione anaerobica e successivo compostaggio, che hanno contribuito a stoccare nel terreno 600.000 t di sostanza organica e risparmiare 3,8 milioni di tonnellate di CO2 equivalente/anno rispetto all’avvio in discarica. Nel 2018 inoltre sono stati ottenuti 312 milioni di Nm3 di biogas, corrispondenti a una produzione energetica di 664.000 MWh.

Grazie a uno schema di incentivi a favore della produzione di biocarburanti, la tendenza, in forte consolidamento a partire dal 2018, è quella di accrescere un sistema di trattamento ancora più strutturato, che fa seguire alla linea di produzione del biogas un processo di upgrading per la produzione di biometano. Il trend in corso è il seguente: nel 2018 gli impianti attivi erano 6 con 86 mln di m3/anno di biometano prodotto, nel 2019 il CIC ne stima 9 con 104 mln di m3 e si prevede al termine del 2020 che 13 impianti possano produrre circa 200 mln di m3 di biometano all’anno.

L’allarme della desertificazione attenta al volume d’affari della filiera del rifiuto organico

Coinvolgendo numerose attività, dai servizi di raccolta e trasporto, ai servizi di studio, ricerca e progettazione e delle tecnologie per il trattamento del rifiuto organico, la filiera del rifiuto organico ha importanti ricadute economiche ed occupazionali. Nel 2018, secondo le proiezioni del CIC, il volume d’affari generato è stato pari a 1,9 Mld € di fatturato, mentre i posti di lavoro generati 10.620 (+8% rispetto al 2016), in pratica 1,5 posti di lavoro ogni 1.000 t di rifiuto organico. Con una raccolta differenziata a regime in tutta Italia si potrebbe arrivare a 13.000 addetti e 2,5 Mld € comprensivi dell’indotto generato.

Tuttavia, il territorio italiano deve fare i conti con il rischio di desertificazione e l’allarme riguarda ancora una volta le regioni del centro e del sud. Come spiega il direttore del CIC, “È prioritario incrementare e stoccare il contenuto in sostanza organica dei suoli. Il buon governo della dotazione di sostanza organica dei suoli può essere garantito da operazioni conservative legate alla gestione della fertilità (lavorazioni, rotazioni, pratiche colturali conservative) e da operazioni di apporto di sostanza organica di origine naturale (letami, liquami, ammendanti compostati), supportate da interventi mirati, quali incentivi economici e pratiche di defiscalizzazione”.

Con lo European Compost Network il CIC ha lanciato la Piattaforma S.O.S. SAVE ORGANICS in SOIL, “salva mantieni, conserva la sostanza organica del suolo”, con l’obiettivo di rendere noti i benefici legati al mantenimento o all’incremento del tasso di sostanza organica nel suolo. A livello europeo sono già state raccolte numerose adesioni e l’invito a firmare il Manifesto è aperto a tutti gli enti e le associazioni in Italia. Un’iniziativa in linea con l’obiettivo dell’Agenda 2030 dell’ONU noto come Goal 15 Vita sulla Terra che prevede l’impegno concreto nel proteggere, ripristinare e favorire un uso sostenibile dell’ecosistema terrestre, gestire sostenibilmente le foreste, contrastare la desertificazione, arrestare e far retrocedere il degrado del terreno, e fermare la perdita di diversità biologica.

Anche questo fenomeno rappresenta un tassello che può contribuire al raggiungimento degli obiettivi indicati nel Piano Green Deal e nella costruzione di una economia europea più sostenibile.

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