Agridata

Dalla sensoristica all’azione per far crescere il 4.0 nell’agrifood: la visione di Cobo

Portare intelligenza e capacità predittiva su un parco macchine e attrezzature aiuta le imprese agricole a migliorare le performance operative, a rendere i processi di manutenzione più precisi e a ridurre consumi ed emissioni. La testimonianza di COBO International che sarà tra i partner dell’Osservatorio Smart Agrifood dal titolo “Smart Agrifood: raccogliamo i frutti dell’innovazione digitale”, in programma per il prossimo 15 Marzo.

Pubblicato il 10 Mar 2022

Gino Mainardi, CEO di COBO International

Pochi altri settori sono nella condizione di affrontare sfide con tante variabili e tanti possibili scenari come l’agricoltura. Nel momento in cui diventa prioritario mettere assieme i temi della produzione, della sicurezza alimentare, della sostenibilità e della gestione delle risorse così come anche della tutela di prodotti e filiere, appare chiaro che si tratta di sfide che non si possono affrontare senza un un grande capitale di conoscenza.

E la conoscenza oggi più che mai arriva dai dati e dai processi attraverso i quali si può comprendere meglio la realtà operativa quotidiana e si può alzare lo sguardo e disporre di una preziosissima capacità predittiva. Ne è convintissimo Gino Mainardi, CEO di Cobo International che tiene subito a sottolineare l’importanza dei dati per tutto il settore agrifood. “Tutto parte dai dati – osserva – ma occorre disporre di fonti sempre più accurate, di saperli scegliere e di andare oltre i dati stessi perché le opportunità di conoscenza e di sviluppo per le imprese agroalimentari sono straordinarie”.

Un focus speciale sulla sensorizzazione

Mainardi raccomanda di guardare al potenziale dei dati nel segno del pragmatismo. “Ricordiamoci – osserva – che la transizione digitale è fondamentalmente costituita da tre grandi dimensioni: il sensing, il processing e l’actuating. E sono tre fasi che meritano una specifica attenzione soprattutto in campo agricolo”.

“La fase di sensorizzazione – osserva Mainardi -, è anche quella che vede importanti sostegni e incentivi da parte del governo e noi come Cobo, grazie al kit Agri 4.0, stiamo contribuendo alla sensorizzazione di trattori, attrezzi e mezzi di lavoro. Da questo impegno arriva una quantità straordinaria di dati e questo è il primo fattore abilitante. Ma questi dati – prosegue – devono essere raccolti in automatico con una data collection sempre più efficace per passare in modo veloce ed efficiente alla seconda fase, quella del processing, per una trasformazione in conoscenza”.

Un passaggio questo preziosissimo che ha già prodotto risultati straordinari, ma che in realtà apre a prospettive ancora più interessanti. “Innanzitutto, – riprende Mainardi – i dati devono essere dati in pasto agli analytics e a modelli matematici che devono permettere di guardare oltre le statistiche, per disegnare in forma predittiva scenari che permettano di interpretare lo step finale dell’actuating, del passaggio all’azione che nel caso specifico dell’agricoltura significa spesso azioni sul campo, sui processi, sui prodotti, sulle relazioni di filiera”.

Cobo International è tra i partner dell’Osservatorio Smart Agrifood in programma per il prossimo 15 Marzo e dal titolo “Smart Agrifood: raccogliamo i frutti dell’innovazione digitale” QUI per iscriversi

Migliorare il passaggio dalla sensorizzazione al processing

Per il nostro paese e per il settore primario si tratta di una grande opportunità perché iniziano ad essere tante le aziende che hanno implementato sensori, e iniziano ad esserci flussi di dati significativi. Ma affinché tutto questo si trasformi in valore occorre lavorare sulla scelta dei dati da una parte e sulla fase di processing. Su questa fase ci sono ampi spazi di miglioramento che possono rispondere anche ai temi della transizione ecologica e sostenibile.

E per comprendere queste opportunità può essere utile fare riferimento a un esempio molto concreto: “Abbiamo dimostrato il valore del processing e della capacità predittiva prendendo i dati relativi a 48 trattori e 95 attrezzi che hanno generato un consumo complessivo di 250 mila litri di gasolio. Un dato assoluto che ha già un valore economico e che ci dice, considerando i costi dei carburanti, quanto un’azienda può essere esposta alle variazioni dei prezzi. Ma dietro a questi dati, se si analizzano con attenzione, si possono trovare tante altre risposte stabilendo delle relazioni tra le fonti dei dati stessi e facendo le domande giuste. La prima di queste domande è, ad esempio, quanti di questi litri di gasolio sono stati consumati da motori di ultima generazione, ovvero se sono mezzi di tipo Stage V o se appartengono a generazioni motoristiche precedenti”.

Grazie all’analisi dei dati si osserva che la stragrande maggioranza del parco agricolo oggetto dell’analisi è ancora vecchio ed è ragionevole pensare, che questa situazione rispecchi in buona misura il panorama dei mezzi agricoli che lavorano le nostre terre. Ai mezzi Stage V si possono addebitare consumi per una quota del 13%, mentre purtroppo l’87% della quota è consumata da mezzi di generazioni precedenti. A questo primo livello di analisi si è poi aggiunta la dimensione legata alla sostenibilità o almeno una delle dimensioni che si richiamano alla sustainability e a fronte di questi consumi sono state considerate le emissioni inquinanti.

Dai dati arrivano risposte per capire dove e come migliorare

Sulla base di questo risultato è stato possibile rispondere anche a un’altra domanda che incide e inciderà sempre più direttamente sul business di tante imprese. “Se i trattori fossero stati Stage V quale sarebbe stato il beneficio per l’ambiente? E già questa risposta permette di prendere decisioni di sviluppo molto precise che possono incidere su diversi fattori tra i quali, naturalmente, i consumi e le emissioni. Ma non ci si deve certamente fermare qui e per avere una conoscenza veramente precisa e dettagliata è importante anche capire in quale fase operativa vengono consumati questi 250 mila litri di gasolio. E qui si scopre che il 43% deriva dalle attività che attengono alle fasi di preparazione del terreno, che sono notoriamente quelle più energivore e che necessitano di maggiore potenza”.

Poi subentra un ulteriore elemento di analisi sui consumi che arriva nuovamente dai dati che arrivano a loro volta dai mezzi, in questo caso nello specifico gli attrezzi. E la domanda adesso è Quanto sono intelligenti gli attrezzi con cui faccio queste operazioni? E  dai dati arriva il profilo di un parco attrezzi in cui da tempo hanno iniziato a circolare attrezzi sempre più intelligenti nelle fasi della semina e dei trattamenti mentre non si registrato lo stesso trend nelle attrezzature che invece sono utilizzate per la preparazione del terreno.

“In definitiva – sintetizza Mainardi – sono attrezzi che consumano molto e che che nello stesso tempo si controllano poco”. Di questi mezzi cioè si dispone ancora poca conoscenza e si hanno meno elementi di analisi, rispetto ad altre aree, per intervenire. Tradotto in pratica non si dispone di sufficiente conoscenza per capire se il mezzo sta lavorando bene, se risente di un logoramento, se è meno efficace nell’azione sul terreno, se addirittura rischia di “frenare” l’azione operativa e con le sue criticità rende tutto il processo meno efficiente.

Dall’operatività quotidiana all’introduzione di capacità predittiva

Questo primo set di conoscenza vuole essere un esempio per dire che queste basi non solo offrono indicazioni per gestire meglio l’operatività quotidiana, ma sono una base preziosissima per analizzare i dati e cercare di leggere e interpretare meglio il futuro. E nell’analizzare l’orizzonte che abbiamo davanti dobbiamo considerare che il rinnovo del parco trattori, delle attrezzature e delle macchine operatrici è tendenzialmente lento e l’attesa per ottenere obiettivi di riduzione consistente dei consumi, e parimenti, di riduzione delle emissioni rischia di essere lunga, quando invece i benefici che possono arrivare alle imprese agricole e alle filiere dalla disponibilità di dati e intelligenza sono evidenti e sempre più determinanti.

“Per accelerare e semplificare questo percorso e per aiutare le imprese agricole a trarre vantaggio dalla fase finale dell’actuating – spiega Mainardi – Cobo ha studiato un kit, chiamato Easy Fit, che permette di semplificare la sensorizzazione degli attrezzi per permettere a questi mezzi di comunicare dati sulle loro performance e capire l’efficacia della loro azione sul terreno ad esempio, ma anche il loro impatto in termini di consumi o ancora la possibilità di mettere a disposizione dati relativi a eventuali malfunzionamenti per finalizzare attività di manutenzione”.

Semplificare il digitale e aumentare le fonti di dati

“La logica – osserva Mainardi – prevede di intervenire rapidamente con kit semplici per mettere a disposizione velocemente i dati necessari per contribuire già da ora a migliorare consumi e costi. E in questo senso puntiamo a sensorizzare mezzi, attrezzi, infrastrutture come silos, ma anche le persone, rispondendo con i dati a una serie di istanze rispetto al miglioramento complessivo delle performance aziendali che vanno dai consumi, e dunque i costi, alla gestione delle risorse produttive e alla sostenibilità comprendendo anche la fase importantissima della sicurezza”.

Questo è un tassello fondamentale che contribuisce in modo determinante alla parte di sensing e processing e che aiuta naturalmente ad avvicinare e far crescere le potenzialità dell’actuating. “Ma su questa fase – conclude Mainardi – c’è un grande tema di competenze che permettono non solo il passaggio dal dato alla conoscenza, ma che mettono in relazione i risultati di queste analisi con altre fonti di dati, con modelli che permettono di individuare aree di miglioramento che non si vedono a occhio nudo ma che i dati possono rivelare”.

In questo senso, l’altro grande valore del digitale attiene al fatto che aumentano le fonti che possono giocare la partita della conoscenza. Qui il riferimento è a tipologie di dati che non venivano normalmente considerate in questo processo di conoscenza, come le foto scattate dall’agricoltore nelle operazioni quotidiane e che possono convergere e contribuire, alla fase del processing, e aggiungere elementi conoscitivi che aumentano la conoscenza del contesto nel quale operano i mezzi, contribuendo al miglioramento complessivo delle performance e della produzione.

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