Siccità

L’agroalimentare tra crisi idrica e possibili soluzioni

La siccità sta già provocando una drastica riduzione della produzione agroalimentare nel Paese. E il problema sembra destinato ad acuirsi nel prossimo futuro. Diventa quindi decisivo il ruolo delle moderne soluzioni legate all’Agricoltura 4.0

Pubblicato il 28 Lug 2022

crisi idrica

Buona parte dell’Italia, come noto, si trova nel bel mezzo di una crisi idrica con pochi precedenti: secondo una recente stima di Coldiretti a rischio ci sono 270 mila imprese agricole che si trovano nelle sei regioni che hanno già presentato i piani di emergenza, e da sole rappresentano quasi la metà (49%) del valore dell’agricoltura italiana.

In particolare, in Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna e Lazio si producono il 79% del grano tenero per fare il pane, il 90% mais per l’alimentazione degli animali, il 97% del riso: inoltre, si allevano il 69% delle mucche e l’88% dei maiali.

Gli effetti, secondo l’associazione di categoria, si stanno già facendo sentire sulle produzioni nazionali che fanno segnare cali del 45% per il mais e i foraggi, del 20% per il latte, del 30% per il frumento duro. In diminuzione di oltre 1/5 sono anche le produzioni di frumento tenero, di riso (-30%), della frutta (-15%) e del – 20% quella di cozze e vongole uccise dalla mancanza di ricambio idrico nel Delta del Po.

Il problema idrico è di grande rilevanza per l’agricoltura, che è il settore a maggiore utilizzatore di acqua, con consumi di 11,9 miliardi di metri cubi destinati all’irrigazione dei terreni e alla zootecnia (fonte Confartigianato). L’Italia è tra i paesi europei che fanno maggiormente ricorso all’irrigazione. Inoltre, è seconda in termini di superficie irrigata (escludendo colture protette e orti familiari) solo alla Spagna con più di 2,4 milioni di ettari (la Spagna ne irriga circa 3 milioni) e quarta in termini di incidenza della superficie irrigata sulla SAU con circa il 19 per cento, dopo Malta, Cipro e la Grecia (fonte censimento Agricoltura Istat).

Crisi idrica: uno scenario in peggioramento

Lo scenario idrico, secondo Ispra, sta peggiorando: il valore annuo medio di risorsa idrica disponibile nel nostro Paese per l’ultimo trentennio 1991–2020 si è ridotto del 19% rispetto a quello relativo al trentennio 1921–1950. Per quanto riguarda le tendenze e i possibili scenari futuri, la situazione che emerge dalle valutazioni effettuate dall’Ispra è poco rassicurante, per effetto dei cambiamenti climatici in atto: secondo le stime, si potrebbe verificare una riduzione della disponibilità di risorsa idrica di circa il 10% nella proiezione a breve termine, nel caso si adotti un approccio di mitigazione aggressivo nella riduzione delle emissioni di gas serra. Ma la diminuzione potrebbe arrivare al 40% (con punte del 90% per il sud Italia) nella proiezione a lungo termine, ipotizzando che la crescita delle emissioni di gas serra mantenga i ritmi attuali.

In questo contesto problematico, molto potrebbe essere fatto per migliorare il quadro di sostenibilità, presente e futuro, delle risorse idriche nazionali. Il PNRR, in particolare, prevede diversi interventi per garantire la gestione sostenibile delle risorse idriche. Il Piano, all’interno della missione ‘rivoluzione verde e transizione ecologica’, mette a disposizione 4.380 milioni di euro, di cui 2.000 milioni per infrastrutture idriche primarie, 900 milioni per ridurre le perdite nelle reti di distribuzione, 880 milioni per investimenti nell’agrosistema e 600 milioni per investimenti in fognatura e depurazione, questi ultimi necessari a fronte delle procedure di infrazioni comunitarie e le sentenze di condanna da parte della Corte di Giustizia europea.

I benefici dell’agricoltura 4.0

Ma oltre gli investimenti, servono anche cambiamenti importanti nella governance di gestione di questa risorsa: alcune importanti associazioni (CIPRA Italia, CIRF, Club alpino italiano – Cai, Federazione Nazionale Pro Natura, Free Rivers Italia, Legambiente, Lipu, Mountain Wilderness e WWF Italia) hanno evidenziato la necessità di ricostituire una regia unica, da parte delle Autorità di bacino distrettuale, attualmente marginalizzate, per costruire protocolli di raccolta dati e modelli logico/previsionali che permettano di conoscere il sistema delle disponibilità, dei consumi reali, della domanda potenziale e definire degli aggiornati bilanci idrici. Soprattutto negli usi agricoli dove è necessario rivedere drasticamente gli interventi del Piano Strategico della PAC per renderli capaci di orientare le scelte degli agricoltori verso colture e sistemi agroalimentari meno idroesigenti e metodi irrigui più efficienti.

Su questo fronte CAI – Consorzi Agrari d’Italia, in sinergia con Ibf Servizi, ha presentato un report che evidenzia i benefici delle innovazioni tipiche dell’agricoltura 4.0. Secondo lo studio, per ogni ettaro di mais, grazie all’ausilio delle tecnologie, è possibile ottenere in media un risparmio idrico annuo del 10% con 360 m3 di acqua in meno, passando da 3600 m3/ha annui con metodo tradizionale a 3240 m3/ha con agricoltura di precisione. I consumi si riducono del 12% per ortaggi e patate con 600 m3 in meno per ettaro, da 5000 m3/ha tradizionali a 4400 m3/ha in media ogni anno. L’abbattimento degli impieghi idrici può toccare punte del 15% per i frutteti (risparmio di 630 m3/ettaro), e del 20% per le coltivazioni come la barbabietola (840 m3/ha in meno ogni anno). Non solo: tali minori consumi di acqua, che in futuro potrebbero arrivare anche al 50%, oltre a portare un beneficio per l’ambiente, comportano anche costi inferiori per le aziende agricole tra acqua risparmiata e quantità ridotte di gasolio utilizzato per il pompaggio.

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